Sudan, paese in protesta contro il leader al-Bashir

    Sono in atto dallo scorso dicembre le proteste della popolazione in Sudan per rovesciare il potere del presidente Omar al-Bashir. Sono stati mesi di scontri e disordini, con almeno 50 persone morte dalla fine dello scorso anno: i cittadini chiedono risorse alimentari ed economiche e gridano basta al regime del despota 75enne, che detiene il potere dal 1989 nello Stato africano.

    Sudan, paese in protesta: le ultime

    L’ultima azione di protesta in ordine di tempo, nell’ambito della contestazione che da dicembre si sta diffondendo in Sudan contro il regime di al-Bashir, è stata la manifestazione (di proporzioni ciclopiche) avvenuta questo sabato, ricorrenza del 34esimo anniversario del rovesciamento del governo del presidente Jaafar Nimeyri. Al fianco della Capitale Kharthoum si sono poste numerose città in tutto il mondo: in questa occasione, le forze speciali fedeli ad al-Bashir hanno attaccato i manifestanti con gas lacrimogeni ed armi con pallini di gomma, mentre i militari li hanno difesi ed un soldato è stato ucciso nel tentativo di assicurare protezione ai cittadini. 
    Per quanto riguarda l’ultima azione di protesta, la miccia è stata accesa per ragioni economiche: un aumento del prezzo della benzina, in combinazione con quello del pane e un innalzamento inarrestabile dell’inflazione. Davanti al palazzo presidenziale, i manifestanti hanno stazionato all’urlo “Libertà, un solo popolo, un solo esercito”, anche di fronte al quartiere generale dell’esercito: in base a quanto riportato dal Central Committee of Sudan Doctors, ci sono stati almeno cinque morti a Khartoum, notizia smentita però dalla polizia che ha parlato di una sola uccisione nella città di Omdurman. Nel frattempo, i sudanesi sono sempre più convinti di proseguire la protesta, spinti da quanto accaduto nei Paesi del Maghreb. Nel Paese attualmente vige lo stato di emergenza, lanciato da al-Bashir dal mese scorso, e in seguito del quale il regime ha iniziato ad incarcerare attivisti e membri dell’opposizione. Sul presidente pende l’accusa, fin dal 2009, di genocidio e crimini di guerra per il suo intervento in Darfur, da parte della Corte Penale Internazionale.