Tim: Elliott dà battaglia e sale al 9%. Cda spaccato

    Vivendi è accerchiata e si fa scudo di Tim. I tre principali proxy advisor, Glass Lewis, Iss e Frontis, che indirizzano il voto dei fondi in assemblea, sono allineati nel sostenere le proposte di Elliott per estromettere i consiglieri vicini ai francesi dal board salvando l’ad Amos Genish il cui piano industriale e strategico ha in fondo ricevuto il gradimento del mercato. Il cda di Tim dichiara “illegittima l’integrazione dell’ordine del giorno assembleare del 24 aprile” deliberata dal Collegio Sindacale e di preannuncia azioni legali. Non precisa quali ma visto l’urgenza potrebbe trattarsi del ricorso ex articolo 700 al Tribunale, a cui potrebbe allinearsi la stessa Vivendi. In Borsa il titolo inverte tendenza nel finale e chiude in rialzo dello 0,12% a 0,8542 euro. Il Cda di Tim si appoggia ai pareri pro veritate di tre eminenze legali Piergaetano Marchetti, Giuseppe Portale e Roberto Sacchi per sostenere che i Sindaci non possono intervenire solo perchè non condividono la decisione presa dal cda, per far notare il difetto di forma nella decisione presa sulla base di una nota dei legali dei fondi Elliott arrivata oltre il termine di legge e non condivisa con il cda. Infine l’integrazione dell’Ordine del Giorno come deliberata dal Collegio Sindacale è in contrasto con lo statuto di Tim e con il codice civile, sostengono i legali e il board delibera di conseguenza. Ma nel farlo si spacca: cinque consiglieri – non a caso quelli che rappresentano le minoranze – votano contro, Ferruccio Borsani, Lucia Calvosa, Francesca Cornelli, Dario Frigerio e Daniele Vivarelli mentre i sindaci, ovviamente, confermano la piena legittimità delle loro determinazioni. Elliott intanto si rafforza, la sua quota sale all’8,8% e i fondi si schierano dalla sua parte. Il fondo Usa “ha dimostrato la necessità di un cambiamento” scrive Iss nel suo report indirizzando i voti dei grandi investitori istituzionali che nel capitale di Tim rappresentano circa il 60%, perchè “Vivendi sembra essere molto più un peso che un asset per Tim”. “La società ha visto tre ceo in due anni e ricorrenti problemi con i regolatori. Le relazioni declinanti con il governo italiano, il sempre presente conflitto di interesse”. Per questo Elliott ha proposto di rinnovare il cda con manager italiani e indipendenti: Fulvio Conti, Massimo Ferrari, Paola Giannotti De Ponti, Luigi Gubitosi, Dante Roscini e Rocco Sabelli. Ma se non vogliono farsi trovare impreparati all’assemblea del 4 maggio dovranno presentare una lista più lunga, di almeno 10 nomi. E’ attesa in queste ore e tra i nomi circolati ci sono Alfredo Altavilla, Paola Bonomo, Lucia Morselli, Marina Brogi. La decisione del Comitato dei Gestori presa all’unanimità di non presentare una lista di minoranza va letta in questo senso. E’ plausibile che la Cdp, che di Elliott condivide il progetto ’public company’ anche se il suo fine è tutelare un asset strategico come la Rete, si allineerà con i fondi ma fino a quando non supererà la soglia di rilevanza del 3% non sapremo quanto ’pesa’. Intanto sul fronte del business l’Antitrust ha deciso di accettare, rendendoli vincolanti, gli impegni presentati da Tim e Fastweb chiudendo così, nei confronti delle due società, l’istruttoria avviata il 1° febbraio 2017 per verificare le possibili restrizioni alla concorrenza connesse all’accordo di co-investimento che prevede la costruzione di una rete di telecomunicazioni fisse in fibra ottica (FTTH) destinata alla copertura di 29 tra le principali città italiane, mediante la società comune Flash Fiber.