UN ITALIANO SU DUE DAVANTI AL FESTIVAL BAGLIONOSO. E LE CANZONI STAVOLTA SONO CANZONI

    E’ partito nel migliore dei modi il Sanremo targato Baglioni, capace persino di ’oscurare’ i trionfalistici trascorsi dell’ipercelebrato Carlo Conti. Con l’impressionante share del 52,1% (pari a qualcosa come 11.603.000 di telespettatori ’inchiodati davanti alla tv), per trovare numeri simili bisogna addirittura tornare indietro, al 2005, con il 54,78% di share registrato da Paolo Bonolis. Il debutto – corroborato da uno scoppiettante Fiorello, subito opzionato per la finalissima – è stato subito ’benedetto’ dal Dg della Rai Mario Orfeo, che ha tenuto a sottolineare: “E’ una grandissima soddisfazione. Gli ascolti della prima serata del Festival, premiano uno straordinario lavoro di squadra coordinato dal Direttore Artistico Claudio Baglioni e impreziosito da due artisti come Pierfrancesco Favino e Michelle Hunziker. A loro, a Fiorello che ha portato sul palco dell’Ariston il suo talento unico e la sua carica inesauribile, va il mio ringraziamento, che estendo alla squadra di Rai1 e a tutti coloro che hanno contribuito ad offrire a milioni di italiani una trasmissione di grande qualità musicale e televisiva”. Dicevamo Fiorello che, nel pieno della sua maturità artistica, semmai ve ne fosse stato il bisogno, ancora una volta ha ’insegnato’ come saper gestire l’equilibrio, tra tempi ed arguzia, per affrontare anche il più ’pericoloso’ dei palchi, come appunto quello dell’Ariston, dove in passato sono ’inciampati’ in molti (Crozza in testa). Il ’dittatore artistico’ ha invece sposato alla perfezione il ruolo di padrone di casa, dispensando humor e misura, perfettamente in linea con la sua immagine di artista compassato, capace soprattutto di incidere in maniera determinante sull’aspetto qualitativo della scaletta delle canzoni in gara. Fondamentalmente infatti, per questo è stato scelto, ed il cantautore capitolino ha pienamente centrato il suo obiettivo mettendo sù una kermesse forse meno ’spettacolare’ ma, aldilà dei gusti musicali di ognuno, sicuramente caratterizzata da buone canzoni. A nostro avviso però la vera sorpresa, o meglio il valore aggiunto, è stata proprio la Hunziker la quale, senza la ’protezione Mediaset’ (dove, tra ’tagli e cuciture’, si seguono precisi canovacci), ha dimostrato di essere una grandissima professionista dispensando cuore e sorrisi con una naturalezza disarmante. Provvidenziale soprattutto nella tenuta dei tempi, rispetto ai suoi due ’compari’, in visibile disagio nei momenti d’impasse. Sapesse anche cantare, Michelle sarebbe indiscutibilmente la numero uno. Va inoltre doverosamente sottolineata la compita – ed a tratti timida – conduzione di Favino, ottimo attore il quale, a differenza dei suoi predecessori, ’non sfrutta’ l’occasione per promuoversi ma, con garbo e responsabilità mette invece la sua figura a vantaggio dello show. Un po’ come ha fatto per i sughi pronti nei famosi spot: se hanno chiamato lui a proporli (sfidando i ’sacri’ ragù domenicali delle nonne italiane), è perché ha una faccia affidabile. Un’edizione, questa numero 68, fortunatamente – per ora – non caratterizzata da gossip o frivole argomentazioni. E se ’qualcosa’ si sta muovendo nelle ultime ore, è comunque legato al solo contesto della kermesse. In particolare, tra gli ascoltatori più attenti ha immediatamente suscitato seri dubbi ’l’originalità’ del ritornello di ’Non mi avete fatto niente’, il brano presentato da Ermal Meta e Fabrizio Moro, che a detta di molti sarebbe l’esatta ’riproduzione’ di ’Silenzio’ (anche questa, come l’altra, firmata da Febo), presentato due anni fa alle selezioni della categoria Giovani dal duo Ambra Calvani e Gabriele De Pascale. E mentre in Rai regna l’imbarazzo e si sta correndo al riparo, la canzone di due anni fa nel frattempo è sparita dalla playlist presente nella pagina online, relativa alle precedenti edizioni del Festival. Tuttavia ’un’escamotage’ ci sarebbe: avendo lo stesso autore ambedue le canzoni, decadrebbe quindi il concetto di plagio (perché si potrebbe affermare che quello è il suo modo di comporre), ma non quello però di ’brano inedito’, perlomeno rispetto all’integrità della canzone che il regolamento determina in modo chiaro e preciso. Ad ogni modo, a fugare ogni dubbio, nel pomeriggio a ’metterci una pezza’ è stato Claudio Frisullo, vicedirettore di Rai1, il quale ha annunciato che “Il brano ha i requisiti di canzone nuova. Quindi rimane in gara. Non c’è nessuno scoop – ha tenuto a sottolineare Frisullo – L’autore aveva dichiarato fin da subito la rielaborazione di un suo brano. E il regolamento prevede che una citazione o un’autocitazione, come in questo caso, possa occupare fino ad un terzo del brano in gara. Quindi il brano ha tutte le carte in regola”. Dal canto suo Claudio Baglioni ha commentato spiegando che “Da quello che ho capito non si tratta di plagio ma di un’autocitazione di una parte di un brano dello stesso autore. Per ora non ho sentito né Ermal né Fabrizio”. Ben più seria – e da approfondire – semmai la denuncia espressa da molti giornalisti presenti a Sanremo, relativa al presunto ’conflitto d’interessi’ legata al promoter Partners & Friend’ i quale, oltre allo stesso Baglioni, ha contratti di management con almeno una decina degli artisti in gara. Una presenza ’silente’ che contagia anche gli ospiti, preoccupati a ’promuovere’ in diretta l’apertura delle prevendite dei loro tour, anche se, come nel caso dei ’The Giornalist’, dal prossimo ottobre. Forse questo sarà l’argomento più scottante che non mancherà di accompagnare l’intera durata della gara canora. ’Faticoso’ invece il Dopofestival, con la ’cricca’ dei soliti ’giovani’ (un tempo) attori romani ’a la page’, e i ’soliti’ giornalisti a sentenziare, sempre mossi dall’eterna invidia nei confronti dei cantanti. Quanto al ’marchettone’ di Muccino (tra l’altro in giuria), ed il suo cast-comitiva per promuoivere il solito film ’guazzabuglio’ raidcal chic, preferiamo soprassedere. E le canzoni? Tanto per pepare un po’ l’aspetto giocoso e nazionalpopolare da sempre legato a questo ’sacro’ appuntamento, le abbiamo raccolte ed ascoltate, cedendo al gioco delle pagelle. ANNALISA – L’ennesimo ’prodotto’ dei talent non smentisce il fatto che per emergere occorre avere una grande vocalità, anche se il brano non colpisce come forse pensavano gli autori. Però brava. Voto 6. RON – L’onesto Rosalino ci mette il cuore, ed il M° Vessicchio un eccellente arrangiamento, ma se l’attento Lucio Dalla aveva scelto di non incidere questa canzone, evidentemente era conscio del fatto che, nel corso dell’esecuzione, non cresceva’ come invece avrebbe voluto. Voto 6. THE KOLORS – Belli, freschi, disincantati e sicuramente scenici, ma in un contesto dove – anche scherzando – si fa invece sul serio, non basta più. Il ritornello ’risuona’ in testa, il resto no. Voto 5. MAX GAZZE’ – Perfettamente in linea con una ’scanzonata’ – personale – e geniale produzione (divertente e divertita), Max musica ed arrangia a dovere. Sempre ’intelligentemente’ originale. Voto 7. ORNELLA VANONI – BUNGARO – PACIFICO – La ’signora’ della canzone è indiscutibile: la travolgente proporzione tra voce e carisma rappresenta sicuramente il valore aggiunto per magnificare la splendida vena creativa di Pacifico. Atmosfere d’autore, ma non tutto questo non basta purtroppo a far scendere la lacrima sperata. Voto 6. ERMAL META – FABRIZIO MORO – Ottima canzone e ben eseguita, paradossalmente però paga il ’compromesso’ rappresentato dall’adattamento derivato dalle due forti personalità vocali. C’è tanta sostanza. Voto 8. MARIO BIONDI – Malgrado anche qui la presenza di un casinò, tuttavia Sanremo non è Las Vegas, e l’ottimo interprete stavolta soffre la straripante orchestrazione rispetto ad un brano commercialmente poco incisivo. Voto 6. FACCHINETTI – FOGLI – Dopo quasi due anni spesi a girare gli stadi sotto l’egida Pooh all’insegna del ’come eravamo’, francamente ora rimane un po’ difficile pensarli ’come sono’. Pacifico ce la mette tutta ma non è Valerio Negrini: indugiare sul ’marchio di fabbrica’ non sempre paga. Manca la pelle d’oca ma la vetrina sanremese è l’occasione migliore per continuare a garantirsi il mercato degli italiani all’estero. Voto 5. LO STATO SOCIALE – Tra Fanigliulo e Gaetano, questi scanzonati musicisti bolognesi provano ad accendere il Festival ’radical chic’ con un’interessante virata pseudo demenziale, ed in parte ci riescono, Ma non è però la parte migliore per impressionare la platea sanremese. Voto 6. NOEMI – E’ lei, con i suoi toni bassi e le alzate ruvide e roboanti. Si conferma un’eccellente interprete, ed è sempre generosa di emozioni. Voto 7. DECIBEL – Ruggeri è un fine autore, poche righe ed incanta. Poi se il Duca in questione sia David Bowie questo lo sa soltanto lui. I suoi ’antichi’ amici non tradiscono suoni ed arrangiamenti comunque ’diversi’, personali. Probabilmente è il brano di per se che non convince del tutto. Peccato perché qui c’erano tutti gli ingredienti migliori per fare qualcosa di davvero importante. Voto 6. ELIO E LE STORIE TESE – E’ la loro ultima volta, e dopo aver ’combinato’ e suonato di tutto non era assolutamente facile congedarsi con una canzone all’altezza della situazione. Dunque, non venendo meno alla rodata combinazione secondo la quale, mescolando a dovere Kitsh, tecnica e humor, riescono a creare musica intelligente, stavolta sono costretti a compiacersi. Voto 7. GIOVANNI CACCAMO – Momentaneamente ’accantonato’ Battiato, Giovanni vola alto illuminando la platea dell’Ariston con una canzone che, seguendo l’esatta regola strofa-ritornello, rappresenta artisticamente l’esatta sintesi di questo Festival ’baglionoso’. E’ indiscutibilmente bravo ed il pezzo ’funziona’. Voto 9. RED CANZIAN – Profumo di sandalo e fiori di loto: sul palco regnano la serenità e la consapevolezza di misurarsi attraverso una canzone per il Festival. A differenza dei suoi due ’ex colleghi’ in gara, Red non cede al marchio di fabbrica (giacca a parte), preferendo guardarsi intorno. Più Beatles che Pooh nel raccontarsi attraverso un’allegra ballad che (nonostante un testo poco incisivo), ne sottolinea il garbo e la sensibilità. Voto 7. LUCA BARBAROSSA – Da ’Tanto pè canta’ (Manfredi su testo di Petrolini), a ’Te c’hanno mai mai mandato a…’ (Sordi), Luca Barbarossa sceglie di esibirsi ’in pantofole’, traducendo nel miglior romano la sua vena musicale, introspettiva ed elegante. Con questo nuovo omaggio alla sua amata città (da ’Roma spogliata’ a ’Via Margutta’) paradossalmente Luca ’paga’ proprio questa sua naturale ’discrezione’. Ma è bravo davvero. Voto 7. DIODATO – ROY PACI – Pur essendo una buona canzone, non è esattamente quello che ci aspettava dall’ottima coppia. Sappiamo di quali emozioni sia capace la tromba di Roy, forse qui eccessivamente relegata alla funzionalità dell’arrangiamento. Peccato, ma interessanti. Voto 6. NINA ZILLI – Da Mina alla Callas – parliamo del look – la voce è indiscutibile, l’interpretazione eccellente, la canzone straordinariamente sanremese. Dunque? Negli anni 70/80 sarebbe stato un trionfo. Voto 7. RENZO RUBINO – Coinvolgente e bravissimo. Timido ma determinato riesce a far arrivare al cuore una canzone scritta a dovere. Con un pizzico in più di look e carisma avrebbe sicuramente impressionato. Voto 8. AVITABILE E SERVILLO – La teatralità di Servillo ed il grove di Avitabile puntano il compasso del cuore a Napoli, per poi ’aprire’ all’intera area mediterranea. In odor di Premio della Critica. Voto 7. Due grandi personaggi e due grandi musicisti e cantanti. Canzone teatrale ed impegnata. Se il copione festivaliero viene rispettato non avranno grandi spazi, anche se la canzone ha grande fascino mediterraneo. Sono contento di vederli sul palco dell’Ariston. Voto 7 LE VIBRAZIONI – Più maturi, ma comunque capaci di piacevolissimi spunti arrangiamentali. Hanno il difficile compito di ’evangelizzare’ la compassata platea sanremese ad un sound altro e graffiante. Tuttavia il ritornello ammicca e ammorbidisce i toni. Bravi. Voto 7.
    Max