ANALOGIE – DARIO FO TRA L’ISIS ED I ’70: ‘LA GRANDE FORZA DEGLI ITALIANI FU QUELLA DI NON CEDERE AL TERRORE MA DI CONTINUARE A SORRIDERE’

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    “Negli anni ’70 in Italia saltavano in aria treni e stazioni ma non ci arrendemmo alla paura, se lo avessimo fatto, se ci fossimo chiusi in casa, se avessimo sospeso gli spettacoli, avrebbe vinto la strategia della tensione.Adesso bisogna fare lo stesso”. Preziosa e lucida la testimonianza di Dario Fo, 50 anni di Teatro alle spalle, analizza e sovrasppone l’attuale stato di terrore a quello che dei comunque drammatici anni ’70. “Recitavamo solo davanti a pubblico perquisito e dopo che gli spazi erano stati controllati– racconta all’Adnkronos il premio Nobel italiano – e questo perché c’erano stati dei tentativi di far saltare in aria lo spazio di Milano dove lavoravamo, la Palazzina Liberty, e nel sud era stato dato alle fiamme un cinema dove ci saremmo dovuti esibire. Oltre a questoc’era la situazione nazionale spaventosa, lo stragismo. Capimmo chese ci fossimo fermati avrebbero vinto loro, avrebbe vinto chi voleva che non facessimo più spettacoli, che le persone non si incontrassero, non dibattessero. La strategia era di fermare la vita pubblica, far arroccare tutti nella propria casa, isolare le persone con la paura. Invece c’è stata la reazione:nessuna compagnia si è fermata, nessun tour è saltatoper questo”. Una stagione orribile il cui ricordo sfuma nel sangue di molte vittime innocenti delle menti stragiste e terroristiche come Piazza Fontana (12 dicembre 1969), diciassette vittime; Peteano (31 maggio 1972), tre carabinieri uccisi; Questura di Milano (17 maggio 1973), 4 morti; Piazza della Loggia (28 maggio 1974), 8 morti; Italicus (4 agosto 1974), 12 morti; Stazione di Bologna (2 agosto 1980), 85 morti. “Le persone erano perennemente allarmate e il nostro pubblico quando veniva perquisito all’entrata, cosa che facevamo ’in proprio’ non con l’ausilio delle forze di polizia, forse si allarmava ancora di più ma capiva anche che in quello spazio sarebbe stato al sicuro”, racconta ancora il regista attore all’agenzia di stampa, ripercorrendo parte di quei ricordi che, unitamente alla sua carriera artistica, compongono il ’Nuovo manuale minimo dell’attore’, nelle librerie per Chiarelettere. “Le risate erano la nostra forza – dice ancora Fo – quando riuscivamo a farle esplodere erano liberatorie, capovolgevano le castronate che si tentavano di imporre alla gente”, confidando come, ad esorcizzare le tensioni, gli attori ‘giocassero’ con la contemporaneità dei fatti: “Fingevamo un’interferenza nei nostri microfoni, la voce di un poliziotto che ci intimava di lasciare libero il canale, innescando un ’botta e risposta’. Fingevamo che mentre lo spettacolo era in corso fuori stesse avvenendo un colpo di stato, altra concreta paura di quegli anni, con telefonate, persone che portavano notizie da fuori la sala, un alternarsi di conferme e smentite. La grande forza dell’Italia, degli italiani, fu il non cedere alla paura al terrore – conclude poi l’attore con l’AdnKronos –  al clima di impossibilità di condurre una vita normale: loro tentavano di creare il dramma totale, continuo, noi dimostrammo che sfidando, anche con un po’ di incoscienza, la logica della paura si cambiavano le cose, e in tutto questoil pubblico non mancava anzi riempivamo gli stadi”.

    M.T.