BRUXELLES – PER ENTRARE IN EUROPA LA TURCHIA DEVE IMPEGNARSI SU PIÙ FRONTI. EVIDENZIATI PREOCCUPANTI ‘PASSI INDIETRO NELLA LIBERTÀ DI ESPRESSIONE”

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    Era nell’aria già da tempo: gli occhi del mondo, e dell’Europa in particolare, non hanno mai smesso di monitorarne usi e costumi ma, soprattutto, la qualità della libertà d’espressione in termini politici. E dunque, inevitabile, ora (dopo aver atteso le elezioni politiche del primo novembre, e per questo criticata), giunge il duro – ma legittimo – responso della Commissione Ue, a proposito della richiesta da parte della Turchia, di poter essere annoverata tra i Paesi Ue. In Turchia, si legge sono stati compiuti “importanti passi indietro nella libertà di espressione e di assemblea”. Nello specifico, sottolineano da Bruxelles “i procedimenti penali in corso e nuovi contro giornalisti, scrittori o utenti dei social media, l’intimidazione di giornalisti e media e le azioni delle autorità che limitano la libertà dei mezzi di comunicazione sono di notevole preoccupazione”. Anche le modifiche alla legge su internet decisa dal governo sono “un significativo passo indietro rispetto agli standard europei”. E’ pur vero che negli ultimi anni i turchi molto hanno lavorato nella tutela dei diritti umani e delle libertà fondamentali, tuttavia “rimangono ancora gravi carenze”. Dunque, sì è vero che la Turchia “ha continuato a esprimere il proprio impegno per l’adesione alla Ue”, ma in termini di Stato di diritto, libertà di espressione e di riunione, siamo ancora “contro” gli standard europei. Inoltre il presidente Recep Tayyip Erdogan è stato accusato di oltrepassare le proprie prerogative costituzionali in molte questioni fondamentali di politica interna ed estera. Ma l’esecutivo Ue riconosce anche gli sforzi turchi nell’ambito della cooperazione internazionale anti-terrorismo, ed il rinnovato impegno a “fornire un aiuto umanitario senza precedenti ai rifugiati di Siria e Iraq”. Buono l’aspetto economico per una nazione che vanta “un’economia di mercato funzionante”, ma pecca l’indipendenza del sistema giudiziario dove, dal 2014,  giudici e magistrati “sono sotto una forte pressione politica”. Così come il fenomeno della corruzione, ancora “inadeguata”, con “l’indebita influenza dell’esecutivo nelle indagini e nei processi di casi di corruzione di alto profilo continuano a preoccupare”. Incongruenze che finiscono per pesare sulle riforme, ‘vittime’ “della continua divisione politica”. Non a caso la Ue punta il dito nei confronti di un sistema elettorale “deve essere affrontato con urgenza”. E, in ogni caso, c’è un “bisogno urgente” di adottare una legge complessiva sulla lotta alla discriminazione, in linea con gli standard europei. La Turchia ha anche bisogno di “garantire efficacemente” i diritti di donne, bambini e persone lesbiche, gay, bisessuali e transessuali e “garantire sufficiente attenzione” all’inclusione sociale dei gruppi vulnerabili, come i rom. “Fondamentale” inoltre, la ripresa dei rapporti con i curdi, anche perché la Ue ravvisa nella Turchia un “grave deterioramento della propria situazione di sicurezza”, con le autorità del Paese che hanno lanciato una vasta campagna militare anti-terrorismo contro il Pkk, il Partito dei Lavoratori del Kurdistan, che “rimane nella lista delle organizzazioni terroristiche dell’Unione europea, sia in Turchia e in Iraq”. Insomma c’è ancora molto da lavorare. Ora aspettiamo la replica da Ankara.

    Max