CASO SHALABAYEVA – UNA VICENDA DIPLOMATICA E CAOTICA CHE ORA CULMINA CON CORTESE (SCO) ED IMPROTA (QUESTORE DI RIMINI) INDAGATI PER SEQUESTRO DI PERSONA

    Shalabayeva_arrivo_roma--400x300.jpg (400×300)

    ’’Il mio caso è unrapimentoevorrei che fosse fatta giustizia’’. Con queste parole, lo scorso maggio,  Alma Shalabayeva (espulsa dall’Italia), moglie dell’oppositore kazakoMuxtar Ablyazov, annunciava l’intenzione di rimarcare la sua opposizioneal gup di Roma, contro larichiesta di archiviazioneper idiplomatici kazaki coinvolti nella sua vicenda. Ed oggi, la notizia che Renato Cortese, oggi a capo dello Sco (all’epoca dei fatti capo della Squadra mobile di Roma) e, Maurizio Improta (allora capo ufficio stranieri della Questura) ed oggi Questore di Rimini, sono indagati per sequestro di persona – unitamente a cinque agenti e un magistrato – dai pm di Perugia. Tornando allo scorso maggio, nel corso di una conferenza stampa Alma Shalabayeva, e la figlia Madina, denunciarono una vicenda intricata che prendeva spunto dagli atteggiamenti equivoci e ‘persecutori’ del Kazakhstan che madre e figlia denunciarono più volte: ’’Sono stati loro a manipolare la polizia italiana”, denunciòMadina, seduta al fianco della madre e al fratello Madiyar, davanti ai giornalisti italiani. Una conferenza stampa che Shalabayeva aprì tenendo a ringraziare”gli italiani, il Parlamento europeo, l’Onu, tutti i parlamentari italiani che ci hanno fatto visita a casa nostra e la stampa indipendente, che hannocontribuito a salvare me e mia figlia”. “Sono stati colti con le mani nella marmellata e non sono stati formulati capi di accusa nei loro confronti’. Chiediamo al gup di non accettare l’archiviazione e che siano svolte delle indagini”, aggiunse poi l’avv. Di Amato, legale di Madina il quale, chiedeva anche di indagare sull’aereoche riportò Alma Shalabayeva (e l’altra figlia Alua) in Kazakhstan, perché risultò esser stato “prenotatopresso una agenzia,prima ancora che il giudice di pace decidesse” sulla posizione della moglie e della figlia di Mukhtar Ablyazov. “Bisogna capire – disse Di Amato ai giornalisti – perché non si è indagato,chi ha pagato per l’aereoe se c’è una traccia bancaria del movimento di denaro”. Tutto ciò perché, quanto accadde nel 2013 “è stato unrapimento a tutti gli effetti– aggiunseil legale degli Ablyazov, Peter Sahlas- ed è uno scandalo che questa parola non compaia mai nei documenti dell’inchiesta”. Una questione che mise in risalto anche la vicenda del passaporto usato dalla donna, rilasciato dallaRepubblica Centrafricana: “Le autorità italiane dicono cheil passaporto è falso, ma non si è chiesto di verificare alla nazione che lo ha emesso, ma al Kazakhstan che sostiene essere falso”. Per il legale fu il Kazakhstan, “ad esercitarepressioni sulla Francia, affinché il Paese africano annullasse il passaporto di Shalabayeva. E’ stato quindi dato credito ad unPaesecon regime dittatorialee non a quello che ha legittimamente emesso il passaporto. Da notare poi anche che il decreto di espulsione e la richiesta di archiviazioneper i diplomatici kazaki siano statifirmati dalle stesse persone”. Secondo il legale dietro tutto ciò si nascondeva un “conflitto di interessi, un tentativo di mettere una toppa agli errori fatti”. Insomma una ‘spystory’ degna delle migliori sceneggiature che però oggi investe due stimatissimi professionisti come Cortese ed Improta, a nostro umilissimo e personale giudizio trovatisi loro malgrado a dover gestire una situazione sicuramente molto più vicina agli ambienti diplomatici che non a quelli strettamente ‘operativi’.

    Max