ECCELLENZE ITALIANE – CARLO GANDOLFO, IL GIOVANE CHIRURGO INVITATO IN NORVEGIA PER SALVARE DUE BIMBI: ‘QUANDO MI È ARRIVATA LA RICHIESTA PENSAVO FOSSE UNO SCHERZO’

    GandolfoJ.jpg (180×218)

    “All’inizio pensavo a uno scherzo, ma poi ho controllato le firme: era tutto vero”, Carlo Gandolfo, giovane neuroradiologo interventista dell’Istituto Giannina Gaslini di Genova, 42 anni, responsabile del Team interventistico endovascolare dell’ospedale pediatrico ligure, racconta all’agenzia di stampa AdnKronos la sua bellissima ‘esperienza’ professionale ma, visti i contenuti, soprattutto umana. Il giovane chirurgo ‘appassionato di sport e medicina di nicchia’, come lo descrive giustamente l’AdnKronos, un bel giorno ha ricevuto una sorta di Sos, dove veniva invitato a curare una rara malformazione congenita del cervello di un neonato norvegese. Nello specifico, il chirurgo italiano si è trovato a dover ‘risolvere’ unadilatazione aneurismatica dell’ampolla di Galeno, una malattia, spiega Gandolfo, “costituita da una matassa di arterie – come ha illustrato anche nel corso del programma ’Doctor’s Life’, prossimamente sul canale 440 di Sky- che convergono all’interno di una vena. Sia le arterie sia la vena si trovanoal centro esatto dell’encefalo di un neonato. La si può immaginare come unagrossa medusa, con una testa e i tentacoli. Il sottotipo più diffuso è quello neonatale, e la chirurgia ha una chance di successo intorno al 20-50%, dunque molto basso”. In realtà, per quanto “rara”, questo tipo di chirurgia è il fiore all’occhiello della struttura genovese: “Insieme alla mia équipe del Gaslini ho eseguitocirca 28-30 trattamenti di questa rata patologia – precisa il giovane chirurgo – mentreall’estero oltre ai due casi ad Oslo (con successo.ndr) ho operato alcuni bimbi anche a Parigi, Londra e Barcellona. Nel tempo al Gaslini si è creato ungruppo di professionisti dedicati a questa patologia. Non sono certo io l’artefice del successo del nostro centro ma hanno tutti contribuito: rianimatori, neuroradiologi, neurochirurghi. Ricordo benissimo la sensazione nel momento in cui ho messo piede nella loro sala operatoria- racconta ancora il Prof. Gandolfo – Non conoscevo la stanza, i macchinari, il personale. Lì era pieno di gente incuriosita, anche dal fatto di un italiano che era nella loro sala a operare un loro bambino. La sensazione che ho provato? Era quella di dire:ma chi me l’ha fatto fare. Me ne volevo tornare a casa, tra le mie mura. Ma oramai eravamo lì e bisognava continuare. Poi però, nonostante queste preoccupazioni iniziali,i piccoli pazienti sono andati molto bene e di questo sono davvero molto felice”. Alla domanda del cronista dell’AdnKronos: perché concentrarsi su questa patologia così rara? Il medico risponde senza esitazioni: “Per indole personale: mi sono sempre voluto dedicare a cose di nicchia, sia nello sport che in altri ambiti. E questa èuna specialità chirurgica orfana e davvero di nicchia, su una patologia rara: ai congressi siamo sempre quattro gatti a parlarne.La centralità del Gaslini ha determinato un passaparola che ha fatto sì che mi chiamassero da Oslo”. Gandolfo non nasconde la convinzione che un giorno sarà possibile liberare da questo male il cervello dei bimbi senza l’uso del bisturi. “La sfida che mi piacerebbe vincere e su cui sto lavorando è determinare la cura della patologia senza passare attraverso la chirurgia. Sono convinto che si possa curare farmacologicamente, vedremo cosa accadrà nei prossimi anni. Ma mi piacerebbe anchesensibilizzare il pubblico e la politica sulle patologie raree determinare una spinta acentralizzare in poche strutture queste patologie, per aumentare le conoscenze di tutte queste malattie rare, in particolare di quella che mi riguarda”. Eccoli i fiori all’occhiello di questa nostra Sanità, spesso bistratta…

    M.