Giulietta e Romeo, il regista Alayan li adatta a Gerusalemme

    Sarah, una giovane israeliana, ha una bellissima storia d’amore con un suo coetaneo, Saleem, invece palestinese, e questo spiega le difficoltà a vivere una ‘normale’ storia in un territorio dove invece l’appartenenza ad una specifica ‘etnia’ fa la differenza. 
    Una storia che in qualche modo rimanda alla vicenda rivisitata in chiave moderna di ’Romeo e Giulietta’: “Molti hanno fatto questo paragone, ma io ritengo che in fondo sia il contrario. In Romeo e Giulietta si ha la sensazione che se i due amanti riuscissero a stare insieme tutto andrebbe meglio, mentre Sarah e Saleem questo è impossibile, non ci sono speranze, le circostanze politiche e sociali non lo rendono possibile”.
    ’Sarah and Saleem – Là dove nulla è possibile’, è l’interessante film – politico – del regista palestinese Muyad Alayan il quale, intervistato da ’Adnkronos Live’, tiene subito a precisare che “Se sei un palestinese la vita a Gerusalemme è molto triste: hai la costante sensazione di essere sull’orlo di un imminente disastro, sai che da un momento all’altro la tua vita potrebbe trasformarsi in una tragedia. Tutto intorno a te ti spinge a perdere la speranza”. 
    A raccontarlo all’Adnkronos è il regista palestinese Muyad Alayan , ospite di ’Adnkronos Live’ per parlare del suo film (il terzo), ’Sarah and Saleem – Là dove nulla è possibile’, in questi giorni nelle sale, e che racconta la travagliata storia d’amore dell’israeliana Sarah e del palestinese Saleem.
    Parliamo di un buon regista, che non nasconde di ispirarsi all’iraniano Asghar Farhadi: ”Anche lui mette in luce la prospettiva di tutti i personaggi e fa vedere e mostra le esperienze di tutti, lasciando che la coscienza di ciascuno emerga e li porti a prendere le loro decisioni, ma credo che nel mio film ci sia una sfida in più, che è la pressione psicologica, sociale e politica del contesto”.
    “La vita a Gerusalemme  – racconta ancora il regista all’’Adnkronos Live’ – è estremamente stressante e piena di tormento, in particolare per i palestinesi – racconta Alayan – perché è una città in cui esiste una divisione chiara nette comportata dal sistema giuridico. Non solo fatta di barriere fisiche, ma a livello di sistema giuridico, finanziario, bancario. Gerusalemme est è molto più povera -racconta- c’è povertà e un altissimo tasso di disoccupazione, mentre nella zona ovest c’è più ricchezza, più privilegi, è sviluppata e c’è molta più comodità”. Una separazione, che in qualche modo Saleem è costretto a vivere sulla sua pelle quotidianamente. Lui ad esempio abita nella zona più desolata e povera di  Gerusalemme est, ma in quanto palestinese, non può contare sull’uso di un ufficio in città, una condizione che quotidianamente lo obbliga ad andare a Betlemme, dovendo obbligatoriamente attraversare l’ormai famoso check point.
    Una situazione politica apparentemente insanabile, sul quale secondo Alayan “è più che mai importante e necessario avere opere d’arte e della cultura che gettino luce sugli individui, sulle loro singole storie, per opporsi alla follia che la situazione politica attuale ci regala ogni giorno. E’ questo che cerco di fare, perché solo così si possano gettare i semi di speranza per il futuro. La domanda da porsi è: noi come esseri umani siamo disposti a mettere a rischio i nostri privilegi per fare qualcosa che sia giusto ed equo nei confronti di altri esseri umani e quindi seguire quello che è eticamente giusto e corretto?”
    Max