IL CRAC DELLE BANCHE E’ COSTATO 60 MLD, MA LE GRANDI AZIENDE GODONO SEMPRE DI CREDITI

    Ha rappresentato uno dei momenti più indegni della nostra società, che fisserà per decenni il 2017 negli annali dei risparmiatori il momento più critico del sistema bancario del Paese. Ci riferiamo al clamoroso crac delle banche sul quale, con la consueta precisione, è tornata stamane la Cgia. “Nonostante il fallimento di una decina di istituti di credito abbia originato un costo di oltre 60 miliardi di euro a carico dei risparmiatori – denuncia l’Ufficio Studi Cgia, riferendosi anche alle banche concorrenti e del bilancio pubblico – il nostro sistema creditizio continua a premiare chi, in buona parte, ha causato questo dissesto: ovvero le grandi famiglie industriali, i gruppi societari e le grandi aziende”. Ad argomentare tale dichiarazione, quanto riportato dalla Banca d’Italia (con riferimento al 30 settembre 2017), indicando che la quota di prestiti ottenuta dal primo 10% degli affidati (intesi come grandi gruppi, aziende ed imprese, e non certo artigiani, piccoli commercianti, od imprese familiari), è pari al 79,8% del totale mentre, il rimanente 90% dei clienti, quando va bene, riesce ad ottenere poco più del 20% degli impieghi. Come illustra infatti la Cgia, dei 1.500 miliardi che le banche italiane hanno erogato a famiglie ed imprese, a fine settembre ben 1.200 sono stati erogati a favore di ristretto numero di soggetti i quali, ‘presentano un elevatissimo potere negoziale’. Come spiega Paolo Zabeo, coordinatore dell’Ufficio studi della Cgia, “Non ci sarebbe nulla di strano se questo primo 10 per cento di affidati fosse solvibile, una banca, infatti, deve aiutare chi ha bisogno di risorse finanziarie ma, allo stesso tempo, è anche nelle condizioni finanziarie di restituire nei tempi concordati quanto ottenuto. In Italia, invece, le cose continuano ad andare diversamente. Se infatti, analizziamo l’incidenza percentuale sul totale delle sofferenze bancarie ascrivibile a questo ristrettissimo club di affidati, la quota ammonta all’81 per cento del totale. In altre parole, le grandi imprese continuano a ricevere la quasi totalità dei prestiti bancari, sebbene presentino livelli di insolvenza allarmanti”. E nonostante il calo registrato, nello scorso 30 settembre in Italia, le sofferenze bancarie lorde presenti erano pari a 170,2 miliardi: parliamo di ben 16,5 miliardi in meno rispetto allo stesso periodo del 2016. “Questo elevato numero di crediti deteriorati –aggiunge Renato mason, Segretario della Cgia – ha provocato una forte contrazione dei prestiti all’economia reale. Non essendo in grado di recuperare una buona parte dei finanziamenti erogati, le banche hanno deciso di non rischiare più e hanno progressivamente chiuso i rubinetti del credito. Solo nell’ultimo anno c’è stata una leggera inversione di tendenza. Tra novembre 2017 e lo stesso mese del 2016, la quantità di finanziamenti alle imprese è aumentata mediamente dello 0,3 per cento, anche se si sono registrati dei risultati molto diversi tra le varie classi dimensionali di impresa. Inoltre – prosegue Mason – nelle imprese medio-grandi, ad esempio, la crescita è stata dello 0,6 per cento, nelle piccole e micro, invece, la contrazione è stata dell’1 per cento, nonostante la domanda generale di credito registrata in questi ultimi mesi sia tendenzialmente in crescita”. A dir poco ‘curiosa’ poi la situazione, se si avvicina la lente a livello regionale, aggiungono ancora dalla Cgia. Al Sud ad esempio, il primo 10% degli affidati ottiene meno credito delle rispettive fasce presenti nel resto d’Italia, tuttavia genera però una quota di sofferenze pari alla media nazionale. Guardando invece al Nord, qui le grandi imprese possono godere di percentuali di credito ben maggiori , in virtù di livelli di affidabilità: “In altre parole – chiarisce Mason – possiamo dire che i grandi gruppi del Nord sono più ’virtuosi’ di quelli presenti nel Mezzogiorno”. Ma c’è dell’altro, spiegano ancora dalla Cgia, “E’ altrettanto paradossale” ciò che sta accadendo nel Veneto: “La finanziaria regionale, Veneto Sviluppo, ha deciso di salvare un migliaio di imprese (con ricavi tra i 10 e i 100 milioni di euro) che hanno crediti incagliati con le ex popolari (Veneto Banca e Popolare di Vicenza), attraverso l’istituzione di un apposito fondo che affianchi queste imprese in difficoltà”. Riportando infatti quanto dichiarato dal Presidente della Confartigianato, si tratta di “Un’azione meritevole che, però, con il pericolo che moltissimi artigiani e piccoli commercianti penalizzati dal fallimento delle due banche venete rimangano senza credito”.
    M.