INQUIETANTE RICERCA E ‘MAPPATURA’ DELL’EURISPES: IN ITALIA L’USURA RAPPRESENTA UN BUSINESS DA 82 MILIARDI DI EURO L’ANNO. LA CRISI INCOMBE

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    “Le organizzazioni criminali hanno ben compreso che l’usura rappresenta un metodo di straordinaria efficacia da un lato per riciclare denaro sporco e ottenere facilmente ingenti guadagni, dall’altro per impossessarsi di quelle imprese e attività che non sono in grado di far fronte ai debiti contratti, divenendo dapprima soci e in seguito veri e propri proprietari. Tutto questo con rischi più contenuti rispetto a quelli connessi ad altre attività illecite come ad esempio il traffico di stupefacenti”. E’ Gian Maria Fara, presidente dell’Eurispes, a tracciare ‘la mappatura’ e le cifre legate al ripugnante fenomeno dell’usura: qualcosa come 37,25 miliardi di euro, rappresentano –solamente nel 2015 – il capitale prestato ad usura a famiglie e imprese che, sommato ad almeno 44,7 miliardi di capitale restituito come interesse, arriva ad un business totale annuo di quasi 82 miliardi di euro. Come si evince ancora dalla ricerca Eurispes intitolata all’usura: “La mafia seleziona le sue attività privilegiando quelle che consentono il massimo vantaggio col minor rischio e tra queste vi è certamente l’usura, attraverso la quale si perpetua un sistema di radicamento sui territori e di assoggettamento silenzioso quanto efficace”. Come aggiunge ancora Maria Fara, la figura dell’usuraio “non è rintracciabile solo tra criminali e mafiosi, ma è presente anche tra gli ’insospettabili’: negozianti, commercialisti, avvocati, dipendenti pubblici, che hanno sfruttato il lungo periodo di crisi economica e l’indebitamento di famiglie, commercianti ed imprenditori per arricchirsi, forti delle crescenti difficoltà di accesso al credito bancario. Ed è nata una nuova figura: quella dell’usuraio della stanza accanto”. Secondo le rilevazioni Eurispes, in media negli ultimi due anni circa il 12% delle famiglie (su un totale di 24,6 milioni) si è rivolto a soggetti privati (non parenti o amici) per ottenere un prestito, non potendolo ottenere dal sistema bancario. Si è quindi ipotizzato che il prestito ammonti, in media, a 10.000 euro (richiesti anche in diverse occasioni), per una cifra di 30 miliardi di euro per 3 milioni di nuclei famigliari in difficoltà. Per quanto riguarda le imprese, si è stimato che il 10% delle circa 750.000 aziende agricole attive in Italia nel 2015 abbia avuto la necessità di richiedere denaro ad usurai. E che la somma media richiesta ammonti a 30.000 euro per un totale annuo di 2.250.000.000 euro. Per le aziende del commercio e dei servizi (3,3 milioni attive), si stima, approssimando verso il basso, che una su 10 si sia rivolta agli usurai, con una cifra media di 15.000 euro in prestito per circa 5 miliardi di euro complessivi. Il capitale prestato si aggirerebbe dunque sui 37,25 miliardi di euro. A questo dato va aggiunto un interesse medio sui prestiti del 10% al mese, ossia del 120% annuo (anche se è noto che generalmente i tassi sono ben più elevati), per un capitale restituito che aggiunge altri 44,7 miliardi di interesse ai 37,25 prestati, per un totale di 81,95 miliardi di euro. Ovviamente, le regioni a maggior rischio usura sono quelle meridionali e insulari, anche se ormai il fenomeno è in continua espansione, su scala geografica, anche nel Centro Italia, attestandosi su un livello di rischio medio-alto. Crotone (96,8), Siracusa (91,9), Foggia (86,1), Trapani (85,6), Vibo Valentia (82,1) e Palermo (81,9) rientrano nel novero delle prime sette province ad alto rischio usura. In termini assoluti, però, la provincia più esposta risulta essere Parma (100,0). Questo risultato, spiega l’Eurispes, può dipendere sia dall’eccezionalità di accadimenti specifici sia, in termini generali, dal perdurare dello stato di sofferenza del tessuto produttivo e sociale locale a partire dall’inizio della crisi nel 2008. Tale interpretazione è sostenuta dalla presenza di altre province centro-settentrionali nella fascia di rischio denominata medio-alta, quali, ad esempio, Aosta (61,6), Imperia (52,7) e Biella (50,3). Un rapporto davvero inquietante che spiega l’enorme stato di crisi in cui versa il nostro paese. Altro che job-act!!!

    M.