LA CHIUSURA DI TRUMP AGLI IMMIGRATI MUSULMANI È STATO DEFINITO DAI JIHADISTI COME ‘UN DIVIETO BENEDETTO’. IRAQ E IRAN: MISURE ANALOGHE CONTRO GLI USA

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    Oggi è giunta una replica dura alla politica sull’immigrazione decisa da Trump: il Parlamento iracheno ha infatti annunciato di aver chiesto al governo di Baghdad di “rivalersi” con misure analoghe contro gli Usa. Spiegando che il voto non dovrebbe essere vincolante per il governo del premier Haider al-Abadi, l’agenzia di stampa Dpa ha quindi spiegato che in Iraq sono dispiegati oltre 5mila soldati Usa a sostegno delle forze di sicurezza irachene e dei combattenti curdi contro l’Is. E dunque,  qualsiasi misura dovesse essere decisa si ritiene che difficilmente potrà essere applicata anche a loro. Come ha commentato il ministro degli Esteri da Baghdad: “E’ triste constatare che l’ordine esecutivo firmato da Donald Trump colpisca anche l’Iraq, uno Stato alleato, legato agli Stati Uniti da una partnership strategica”. Come ha poi aggiunto tramite il suo portavoce, Ahmed Jamal, il ministro ha affermato che la decisione “arriva in un momento in cui i nostri combattenti coraggiosi stanno conseguendo vittorie contro le bande terroristiche dell’Is nella battaglia per Mosul con il sostegno della coalizione internazionale guidata dagli Stati Uniti. L’Iraq non è uno dei Paesi che esportano terroristi e l’ideologia estremista nel mondo” e quindi, afferma giustamente Jamal,  “Washington dovrebbe riconsiderare questa decisione sbagliata”. Baghdad ha quindi confermato la speranza di rafforzare il partenariato con gli Stati Uniti nella lotta al terrorismo e in campo economico. Nel frattempo anche Teheran, già diversi mesi in ‘frizione’ con gli Usa, ha annunciato che si appresta a prendere “misure analoghe” nei confronti dei cittadini statunitensi che vogliono entrare nella Repubblica islamica, ha affermato in un comunicato affidato dall’agenzia di stampa ufficiale Irna, il vice presidente iraniano, Eshaq Jahangiri. “Il governo della Repubblica islamica dell’Iran – ha dichiarato Jahangiri – valuterà attentamente l’impatto della decisione del governo degli Stati Uniti sui cittadini iraniani a breve e medio termine. Teheran vuole garantire il rispetto della dignità di tutti i membri della grande nazione dell’Iran anche all’estero. “L’Iran è la nazione più civilizzata al mondo e non può essere accusata di sponsorizzare il terrorismo.  La Repubblica islamica intende prendere posizione all’interno della comunità internazionale contro la misura contraria ai diritti umani, disumana e illegale adottata dagli Usa”. Jahangiri ha quindi annunciato “azioni proporzionate a livello politico, consolare e legale e misure reciproche al fine di salvaguardare i diritti dei nostri cittadini fino a quando non saranno revocate le oltraggiose restrizioni del governo degli Stati Uniti sempre nel rispetto del popolo americano, distinguendolo dalle politiche ostili del governo Usa”. Intanto, la discussa e contestata decisione da parte di Trump, di vietare per 90 giorni l’ingresso negli Stati Uniti ai cittadini di sette Paesi a maggioranza musulmana (Siria, Iran, Iraq, Sudan, Somalia, Libia e Yemen), è stata recepita dai jihadisti come la conferma che gli Usa sono in guerra con l’Islam. Come ha infatti postato tramite Telegram Abu Bakr, leader del sedicente Stato Islamico, “al-Baghdadi ha tutto il diritto di farsi sentire e far sapere a Trump che il divieto di ingresso in America per i musulmani è un ’divieto benedetto’”. Per i jihadisti infatti, così come ribadì Anwar al-Awlaki, il leader di al-Qaeda ucciso in un raid di un drone Usa in Yemen nel 2011, “l’Occidente si sarebbe prima o poi rivoltato contro i suoi cittadini musulmani”. In effetti tale decisione acuisce l’odio nei confronti degli occidentali e, molti, tra funzionari ed ex funzionari Usa, temono  serie ripercussioni sulla battaglia contro l’estremismo. “Probabilmente in alcune zone l’effetto sarà quello di fare ancora più propaganda all’Is”, ha detto il senatore repubblicano John McCain, presidente della Commissione Forze Armate del Senato McCain, intervenendo al programma Face the Nation della Cbs, secondo cui “c’è il rischio di conseguenze per le forze che combattono al fianco degli americani contro l’Is in Iraq e Siria”. Stesse sensazioni anche per un veterano della Cia (Cia ed ex capo della divisione Medio Oriente dell’Agenzia), come Robert Richer, che ha definito quello di Trump un “errore strategico che potrebbe compromettere gli sforzi futuri per reclutare informatori e raccogliere notizie importanti sui terroristi e i loro piani”.

    M.