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Lazio, Tare: “Stop al campionato sarebbe un disastro, si rischia di non ripartire a settembre”

“Scudetto? Noi ci siamo”. Igli Tare ha le idee chiare, anche se deve aggrapparsi a quelle degli altri. La rincorsa al titolo è infatti condizionata dalla decisione del Governo di dare il via libera definitivo alla ripresa della Serie A, fissata dalla Lega al 13 giugno. Giorni di attesa che non intaccano la volontà della Lazio, desiderosa di rincorrere il suo sogno.

“Proveremo a vincerlo adesso, se la serie A riprende, oppure l’anno prossimo. Arriviamo da lontano e non ci fermiamo qui”, ha dichiarato Tare in un’intervista rilasciata a Repubblica. Il ds albanese fa da scudo alla società, su cui sono piovute critiche per il reiterato invito a prendere una decisione definitiva da parte delle autorità competente.

“Lo stop del calcio sarebbe un disastro sociale”

Tare ribadisce il concetto: “Chi dice che vogliamo continuare il campionato solo per interesse personale non ha capito niente. Il calcio dà da vivere a 370 mila persone, se si ferma sarà il fallimento per tanti e l’Italia perderà pezzi di storia non solo sportiva. Sarà un disastro sociale – ribadisce il ds – Fermarsi adesso vuol dire, quasi certamente, non ripartire neanche a settembre: molti mesi di inattività sarebbero allucinanti. Ci invidiano e pensano che il calcio sia soltanto la serie A, invece sono migliaia di persone e famiglie che lavorano. Abbiamo il dovere di difenderle”.

Continua Tare: “Non posso pensare che il ministro Spadafora sia così irresponsabile da farlo apposta, ma di certo esistono governi in Europa che vogliono aiutare il calcio: la Germania, la Spagna, l’Inghilterra. In Italia non è così, e neppure in Francia dove hanno bloccato tutto in via definitiva: e io penso che il governo francese perderà molte cause civili con i club. Evitiamo un’estate in tribunale. Ci stanno prendendo in giro, queste continue complicazioni sono ridicole. Siano più chiari, oppure le conseguenze si riveleranno enormi: economiche, sociali, sportive e psichiche. La gente è in sofferenza nervosa e il calcio è terapeutico. Ne abbiamo bisogno in tanti. Il pallone può essere il segno della vita che ricomincia davvero”.