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Omaggio a Giorgio Galli, scomparso il 27 dicembre 2020 all’età di 92 anni

Il professor Giorgio Galli è scomparso il 27 dicembre 2020 all’età di 92 anni. Ha insegnato per un trentennio storia delle Dottrine politiche all’Università Statale di Milano. Galli ha analizzato a fondo le dinamiche del sistema politico italiano, ponendo particolare attenzione al rapporto tra la storia ufficiale e le componenti esoteriche tanto nei regimi totalitari quanto nelle democrazie.

I suoi lavori si caratterizzarono anche per l’attenzione verso aspetti reconditi della storia delle idee politiche, quali, ad esempio, le radici “magiche” o irrazionali che concorrono ad alimentare l’adesione di massa verso particolari ideologie politiche: soprattutto quelle esistenti nei regimi totalitari.

L’intervista è stata rilasciata il 4 dicembre del 2007 poche settimane dopo l’uscita della terza edizione de la “Storia del socialismo italiano – da Turati al dopo Craxi”, per i tipi della Baldini Castoldi Dalai, Milano. Qui ripubblicata integralmente. Inoltre si vuole ricordare l’emerito professor Giorgio Galli con un video che è parte dei suoi molteplici interventi e relazioni a convegni, presentazioni di libri e varie conferenze tenute dall’autorevole professore negli scorsi anni.

 Raffaele Panico

3Intervista Giorgio Galli avvenuta primi di dicembre 2007

Abbiamo raggiunto telefonicamente e ascoltato il professor Giorgio Galli per intervistarlo su questo suo lavoro.

In particolare sull’anomalia della scomparsa dei socialisti; nella terza edizione del libro cita gli ultimi dati delle formazioni elettorali della cosiddetta diaspora socialista alle elezioni Politiche del 2006. Quindi, la scomparsa di fatto dei socialisti nel sistema politico in Italia. Anomalia tutta italiana se notiamo che, persino nell’Europa orientale, nell’ex blocco sovietico – oggi [dicembre 2007] gran parte di questi paesi sono nell’Unione europea, esistono formazioni socialiste; e alcune di queste formazioni partitiche sono la trasformazione dei vecchi partiti comunisti.

Domanda. Negli anni 1979-80, Lei ha scritto la sua prima edizione sulla storia del socialismo italiano; la storia del Partito socialista si conclude con la sua scomparsa, in questa sua terza edizione. Quali erano le sue valutazioni e le previsioni allora, e la situazione attuale.

Giorgio Galli. Allora, nel 1979, pensavo che il sistema politico italiano potesse andare verso una prospettiva di modello europeo. Quindi, una evoluzione in senso socialdemocratico del Pci, da un lato; ed in effetti, nel 1981, Berlinguer sosteneva che la spinta prodotta dalla lunga vicenda della Rivoluzione d’Ottobre era finita; e da parte del Psi, che da solo non poteva modificare il sistema politico, tra questi due partiti, pertanto, doveva avvenire una convergenza delle due forze di sinistra.

D. Dal particolarismo tra gli anni Settanta e inizi Ottanta, si è passati nel 1983 ad un superamento dell’eccezione. È il periodo della Presidenza del Consiglio di Bettino Craxi – 1983, poi la scomparsa del partito, perché ?

Galli. il superamento dell’eccezione sì, ma Craxi pensava che nel sistema politico italiano non era possibile una vera alternativa, ma un’alternanza di forze politiche al governo del Paese. Proprio quando un socialista arriva alla Presidenza del Consiglio si supera solo parzialmente l’eccezione, il bipartitismo rimaneva imperfetto, non era applicabile, in quanto il Psi era un partito minoritario della sinistra in una coalizione di governo con democristiani.

D. Quando è Presidente del Consiglio Craxi si interessa dei rapporti con la Dc e il Pci in termini partitici. Perché è mancato l’approccio sistemico della grande Riforma che fallisce?

Galli. Annuncia la grande Riforma, ma il criterio, l’approccio al sistema politico italiano, anche di Craxi, denota il comportamento che ha caratterizzato da sempre la politica interna italiana: non è possibile governare l’Italia senza i cattolici, con la loro rappresentanza politica all’opposizione. Questo è il pensiero e il comportamento di Togliatti nel 1947 che inserisce il Concordato col Vaticano nella Costituzione italiana, ed è il comportamento di Nenni nel centrosinistra come forza minoritaria, ed è stato anche quello di Berlinguer con la formula del compromesso storico. È questa una linea lunga della vita politica in Italia, riassunta nel – non si governa con i Cattolici all’opposizione, e questa formula è presente anche oggi nel nuovo Partito democratico dove confluiscono gli eredi del Pds e di formazioni cattoliche. Craxi annuncia una grande Riforma pensando al modello Mitterrand, cioè di tipo presidenziale, anche elaborato dalla forbice dei consensi nei primi sondaggi   – consideri che allora apparivano appunto i primi sondaggi, perché se il Psi aveva il 15% dei consensi elettorali, l’allora il Presidente del Consiglio Craxi, proprio nella figura di premier, vedeva la sua carica politica istituzionale raggiungere percentuali molto più alte del suo partito. Poi il Psi di Craxi, pur intenzionato ad ampliare lo spazio politico elettorale, anziché rinforzarsi e guadagnare consensi elettorali nella sinistra italiana dopo il 1989, con il crollo dei regimi dell’Est, addirittura scompare. 

Dunque il paradosso, da un’eccezione minima, il Psi che non è un polo progressista nel panorama politico italiano (come in altre democrazie rappresentative europee occidentali) ma forza minore della sinistra italiana, si è passati ad un’eccezione maggiore, un’anomalia solo italiana nel quadro politico dell’intero continente, paradosso proprio negli anni della Caduta del blocco sovietico e dell’apertura all’Europa orientale.

D. …E sugli errori sistemici, cioè la mancata sfida portata alla DC e le aspettative poco futuribili di un automatismo nel travaso dei voti dal Pci, cosa può aver influito ancora, in tutto questo, nel Psi.

Galli. Craxi pensava, dopo la crisi del 1989 nell’Europa orientale, la Caduta del Muro di Berlino, e la crisi del 1991 a Mosca – in Urss, all’unità socialista, quindi il travaso dei voti a sinistra, dal Pci al Psi; è stata una previsione errata e, se non l’avesse fatta, almeno in questi termini, non innescava quel muro contro muro in cui si è incartata la sinistra e la vita politica italiana.

D. Gli errori sistemici del resto rimangono, non vengono affrontati e politicamente poi, non a caso, li ritroviamo nel sistema elettorale bipolare, e trasformati dalla Lega solo nella questione federalismo?

Galli. Sì, una sfida parziale. La lega porta la sfida alla Dc in una certa misura, sulla prospettiva del federalismo e riesce ad assorbire, erodere aree geografiche di elettorato bianche, in zone pedemontane del nord Italia. Ma, dicevo la sfida sistemica è solo parziale e non ha influito nel sistema della politica d’Italia, la stessa Lega è rimasta su quei consensi, e perdura ancora quella convinzione che non si governa con i cattolici all’opposizione.

D. “Il Vangelo socialista” uno scritto di Craxi dell’agosto 1978, in questa terza edizione Lei ha dato molto risalto. Eh, allora, Eugenio Scalfari disse che Craxi aveva tagliato la barba a Marx … E quindi la tesi di Proudhon che “vedeva il socialismo come il superamento storico del liberismo e vedeva nel comunismo” – un’assurdità antidiluviana; se avesse prevalso col socialismo reale, la società europea, allora l’Europa occidentale contrapposta al blocco sovietico (e ai partiti comunisti maoisti ecc.) andava incontro ad una asiatizzazione?

Galli. Oggi il problema non è più la proprietà, ma dove si esercita effettivamente il potere. È il potere delle multinazionali che non si ha bene dove è il centro decisionale, chi è il padrone, chi è il proprietario? Chi sono gli azionisti, una pletora sparsa per il mondo, quindi, sia da parte socialista, ma anche del pensiero liberale, occorre affrontare il problema sulla rappresentanza democratica proprio là dove c’è il potere economico delle multinazionali. Sono cambiati i termini del dibattito, anche nelle socialdemocrazie avanzate come le scandinave, o di altri paesi europei, non siamo più negli anni Settanta del secolo passato, non si può più pensare con gli stessi criteri di approccio nazionale alle richieste dei lavoratori. In un certo modo è più attuale l’approccio del pensiero di Locke e di Montesquieau sulla proprietà e la rappresentanza del popolo.

D. A quasi vent’anni dalla caduta del comunismo il pericolo “asiatizzazione”, l’Europa, oggi, non lo sta correndo sulla propria pelle a causa di questa cosiddetta globalizzazione impazzita, senza le premesse di mondializzare le lotte sociali, i diritti dei lavoratori in 100 e più anni di storia del socialismo in Europa?

Galli. In realtà la globalizzazione è gestita da centri di potere con sviluppi che non si sapevano, e non si poteva pensare nei presupposti, neanche nella più avanzata socialdemocrazia scandinava negli anni Settanta del secolo scorso.  Il decisore politico agiva sempre e comunque in un quadro di riferimenti nazionale, e continentale. Oggi sono le multinazionali le vere protagoniste della globalizzazione. Bisogna pensare a come intervenire sulle politiche delle multinazionali, e non è una questione solo del socialismo europeo, ma la stessa democrazia, ne viene investita in primo luogo. È tutta la cultura del sistema democrazia, liberale e socialista, che deve ipotizzare scelte che influiscano sul processo decisionale per trovare l’esercizio di una rappresentanza democratica dei processi storici derivanti dalla globalizzazione in corso”.

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