PROSEGUE ’LA GUERRA FREDDA’ TRA L’FBI E LA CASA BIANCA IN MERITO AL RUSSIAGATE

    Continua a peggiorare il di per se già burrascoso rapporto tra l’Fbi e la Casa Bianca, dopo la notizia che un funzionario di quest’ultima – uno dei fedelissimi del presidente Trump – avrebbe messo a punto un memorandum, prossimo ad essere divulgato, all’interno del quale vi sarebbero ’informazioni confidenziali’ riguardanti le indagini del Federal Bureau of Investigation circa le ’interferenze russe’ nell’ambito della campagna presidenziale del 2016 e, nello specifico, su uno dei collaboratori della campagna del presidente Usa. Dal conto sua l’agenzia di intelligence ha espresso “grave preoccupazione” (i media riferiscono che sarebbe stato addirittura il direttore Christopher Wray a pronuciarla), aggiungendo “Abbiamo gravi preoccupazioni relative a concrete omissioni di fatti, tali da compromettere nelle fondamenta l’accuratezza del memo”. Dal canto loro i demoratici hanno espresso la convinzione che in realtà, il documento composto da Devin Nunes (acceso fedelissimo del Tycoon), sarebbe stato assemblato con materiale ’raccolto qua e la’, con il solo scopo di ’mettere in cattiva luce gli inquirenti del Russiagate’. Dal canto suo Nunes, ha riferito il ’Guardian’, ha replicato accusando il Bureau di abuso di controllo, respinendo le “obiezioni pretestuose” formulate dall’Fbi in merito all’imminente divulgazione del documento. C’è però anche da dire che, a sua vlta, Nunes si oppone alla pubblicazione di un memorandum parallelo, formulato dai Democratici. Composto da 4 paginette, il memorandum che i Repubblicani si apprestano a divulgare pubblicamente punta il dito contro il Dipartimento alla Giustizia (in particolare nei confronti del vice ministro Rod Rosenstein), incaricato di supervisionare le indagini svolte del procuratore speciale Robert Mueller. Riguardo poi all’’FBI, all’interno del documento viene sottolineato che ha commesso un vro e proprio abuso di potere, applicando massicciamente nel corso della campagna elettorale per la Casa Bianca, estendendo il programma di sorveglianza Fisa (Foreign Intelligence Surveillance Act), anche nei confronti di un membro dell’allora entoiurage di Trump. L’accusa in sostanza, è che l’autorizzazione ad effettuare i controlli poggerebbe soltanto su dei sospetti non comprovati nei confronti del presidente, presenti in quello che è stato definito il “dossier russo”, per altro frutto di ’informative’ redatte dall’ex agente di intelligence britannico Christopher Steele, a quanto sembra ’finanziato’ anche dalla campagna elettorale di Hillary Clinton.
    M.