(Adnkronos) –
Una partita per ‘vendicare’ la storia. Un match speciale per il Marocco che va al di là del calcio. Hakimi, Bounou e compagni sognano stasera di fare lo sgambetto alla Francia per arrivare alla finale dei Mondiali. Un risultato che sarebbe clamoroso, dati i pronostici della vigilia, ma che avrebbe anche il sapore di rivincita per il Paese nordafricano, ex colonia francese. E quando l’arbitro fischierà il calcio d’inizio della sfida, la memoria dei tifosi marocchini tornerà inevitabilmente all’inizio del secolo scorso, al 1911 per l’esattezza, anno della conquista francese del Marocco come conseguenza della Crisi di Agadir. Il 30 marzo 1912, poi, venne siglato il Trattato di Fes, che ‘de facto’ trasformò il Paese maghrebino in un protettorato francese fino al 1956.
Se è vero che il processo di decolonizzazione si rivelò meno lungo e sanguinoso che in Algeria, tuttavia le tracce sono rimaste ben impresse nella società marocchina e sarebbe sbagliato limitare la percezione di questo momento storico all’idea che ne abbiamo al di qua del Mediterraneo. Tra il 1921 e il 1926 il protettorato fu teatro di una violenta insurrezione guidata da Abd el-Krim che alla fine venne piegata dal maresciallo Philippe Pétain, insieme alle truppe spagnole. Con il conseguente rafforzamento del controllo del Marocco da parte della Francia, iniziarono a svilupparsi i primi movimenti nazionalisti.
Al termine della seconda guerra mondiale il sultano Mohammed, il futuro Mohammed V, rivendicò l’indipendenza del Marocco. Mohammed V, che era stato esiliato in Madagascar (1953-55) nel 1956, approfittando del fatto che la Francia, appena uscita dalla disastrosa guerra in Indocina, fosse alle prese con la guerra in Algeria e con la rivolta nazionalista in Tunisia, negoziò la piena indipendenza del Paese. Dopo aver sconfitto ai rigori la Spagna, i Leoni dell’Atlante puntano ad eliminare dal mondiale le due potenze europee che l’hanno dominata facendo una sorta di operazione di ‘giustizia storica’.
Quella di stasera è una semifinale mondiale del tutto inaspettata, una partita dai mille risvolti storici e politici. Nella sua storia, la Francia ha già incontrato su un campo di calcio una selezione di un Paese che faceva parte del suo ex impero coloniale. E non sempre è andata bene. Come nel 2001 quando a Parigi si tenne l’amichevole Francia-Algeria. La partita della ‘pace’, come era stata ribattezzata, fu dichiarata conclusa al 41esimo del primo tempo a seguito di un’invasione di campo dei tifosi ospiti. Anche la sconfitta contro il Senegal nel 2002 ai mondiali di Corea e Giappone lasciò l’amaro in bocca ai transalpini, mentre vale più che altro a livello statistico l’1-0 subito in Qatar dai Blues contro la Tunisia già eliminata durante il girone di qualificazione.
C’è un altro aspetto da valutare e che carica di significato questa partita alla quale assisterà di persona il presidente Emmanuel Macron. Il Marocco non gioca solo per se stesso. Come ha riassunto il suo allenatore nato 47 anni fa a Corbeil-Essones, a 13 chilometri da Parigi, Walid Regragui: “Abbiamo scritto la storia per l’Africa!”. Parole che gravano sulle spalle dei maghrebini e allo stesso tempo permettono al regno di Mohammed VI di acquisire uno status speciale, di Paese che ha la possibilità di vendicare in un colpo solo – almeno per 90 minuti, almeno a livello sportivo – non solo il suo passato ma anche le sofferenze patite da un intero continente.
Ultimo elemento, ma non meno importante, è il clima politico in Francia, dove vive una grande comunità di immigrati marocchini (poco più di 700mila) e molti francesi di origine marocchina hanno la doppia cittadinanza. In primavera, i candidati di estrema destra alle elezioni presidenziali hanno raccolto quasi un terzo dei voti espressi al primo turno ed il governo si prepara a varare una nuova legge che promette di rendere più rapide le espulsioni. Le vittorie in serie della selezione marocchina, sottolinea la stampa francese, hanno provocato una sorta di sindrome da ‘Maghreb Unito’, unendo sotto un’unica bandiera anche gli algerini, al di là delle rivalità tra Stati.
I rapporti tra Rabat e Parigi oggi possono essere definiti controversi. I due Paesi, infatti, hanno legami economici molto profondi. Le aziende francesi sono molto presenti in Marocco in un’ampia varietà di settori. La Francia è il primo o il secondo fornitore – a seconda del metodo di calcolo – del Marocco e il suo primo cliente. Grazie alla multipolarizzazione dell’economia mondiale, tuttavia, il Marocco sta cercando di diversificare le sue partnership e i suoi legami economici con altre potenze come Cina, Turchia, Russia ma anche con l’ex ‘nemico’ Israele in settori come agricoltura, alta tecnologia e difesa.
A livello politico i legami non sono altrettanto eccellenti a causa di alcuni dossier che saranno affrontati il 15 e 16 dicembre quando a Rabat è attesa la ministra degli Esteri francese, Catherine Colonna. Una visita che forse aprirà la strada a un incontro ai massimi livelli tra i due Paesi. Il tentativo di appianare le tensioni ha quindi preceduto i Mondiali, ma il risultato della partita di stasera potrebbe pesare sulla bilancia. Il prestigio di una possibile vittoria dei Leoni dell’Atlante si rifletterà sulla posizione internazionale del Marocco, e potrebbe alterare il rapporto psicologico nei confronti della Francia, contribuendo a rafforzare le richieste marocchine.
Ci sono due grandi questioni delicate sul tavolo tra Parigi e Rabat. La prima è la crisi dei visti. Nel settembre 2021, Parigi ha stabilito una drastica riduzione della concessione dei visti per il Marocco, imponendo un tasso di rifiuto del 50% ai marocchini che chiedono un permesso di soggiorno in Francia. Si tratta di una misura di ritorsione presa da Parigi per protestare contro la reticenza del Marocco a riprendere i suoi connazionali in situazione irregolare in Francia.
La seconda questione è quella del Sahara occidentale. Rabat esorta Parigi ad appoggiare le rivendicazioni di sovranità marocchine su questo territorio, ex colonia spagnola, conteso dal 1976 con i separatisti del Fronte Polisario. Ma la questione è un dilemma molto complicato per Parigi, che non vuole arrivare alla rottura all’Algeria, che a sua volta sostiene il Fronte Polisario.
Ecco perché il clima intorno e durante questi 90 minuti sarà inevitabilmente infuocato e sarà anche la cartina al tornasole della capacità dei francesi di affrontare alcuni temi delicati. Fino ad ora i festeggiamenti dei marocchini per le strade si sono svolti in un clima di festa, mentre in altri Paesi, tra cui l’Italia, sono stati registrati episodi di violenza. L’attenzione resta comunque massima, viste anche le centinaia di arresti eseguiti nella capitale francese al termine delle precedenti partite del Marocco. Il ministro dell’Interno francese, Gerald Darmanin, ha annunciato che saranno dispiegati su tutto il territorio 10mila poliziotti, di cui 5mila solo a Parigi.
Molti osservatori dubitano che la gioia dei tifosi marocchini in caso di eliminazione dei Blues sarà ben accolta come quando, ad esempio, la comunità portoghese trasformò le strade di Parigi in una sorta di ‘Lisbona bis’ dopo la vittoria dell’Europeo allo Stade de France proprio sui transalpini. Resta da scommettere su un fattore: l’intelligenza delle persone.