Raffaella Carrà e Lucia Bosè insignite dell’Onore al Merito Civile Spagnolo

    Raffaella Carrà, icona della tv nostrana, ha raggiunto una fama internazionale, soprattutto in Spagna che può essere considerata ormai una sua seconda casa. L’ambasciatore spagnolo in Italia Alfonso Dastis l’ha insignita dell’Onore al Merito Civile, per conto di sua maestà iberica, il re Felipe VII. Insieme alla Carrà, anche Lucia Bosè, cantante e madre di Miguel, ha ricevuto il titolo, durante una cerimonia andata in scena all’Auditorium Parco della Musica di Roma. All’evento hanno partecipato celebrità provenienti dalla Spagna e dall’Argentina, altro Paese dove l’ideatrice del Tuka Tuka e di altri balli celebri ” è altrettanto amata”, evidenzia la leader del gruppo musicale Tequila. A rappresentare l’incontro, in veste di moderatrice per l’Italia, una scintillante Gabriella Carlucci. “Il mio ombelico nudo veniva fuori da un completo studiato da un costumista della Rai. Ora non ne ricordo il nome. Ma le ragazze d’estate già giravano così, con la pancia scoperta e i pantaloni lunghi. Io non mi sono fatta problemi a farlo vedere in tv. Ero libera. Anche i ’colpi di testa’ erano il segno della libertà dalla lacca, dalle sovrastrutture, dalla rigidità. Io ero così, senza costrizioni”. Una dichiarazione di ’non colpevolezza’ per aver turbato il sonno degli italiani agli inizi degli anni Settanta, con quel balletto col pancino di fuori, in una tv ancora molto limitata alla censura, quella di Raffaella Carrà, seduta comodamente nel salotto dell’Auditorium in smoking nero disegnato per lei da Guillermo Mariotto, direttore creativo della Gattinoni. Anche lui in sala e pronto a scattare in aiuto dell’ambasciatore che non riesce ad appuntare la decorazione sul revers della giacca della Carrà. Intanto l’ironica Lucia Bosè, con i suoi capelli turchini, dopo aver preso la medaglia che casca anche a lei dopo un po’ cerca di sdrammatizzare: “Pensavo fosse un diamante, ma forse avrei preferito un prosciutto spagnolo”. Poi rivolgendosi al pubblico: “Io non ho nessun merito. Solo quello di aver partorito un figlio meraviglioso come Miguel Bosè. Non sono una rivoluzionaria come Raffaella. Io ho sposato un torero e ci ho fatto tre figli”. Ma la Carrà non parla di rivoluzione: “quella era fatta per la democrazia in Spagna”. Nel frattempo su un mega schermo scorrono le immagini dei divi italiani dell’epoca amati dai due paesi. Di una Lucia Bosè attrice in bianco e nero nei film di Antonioni. Dei cantanti e delle canzoni lanciate da Sanremo e dalla tv italiana subito esportati in Spagna, come Antoine, Gigliola Cinquetti, Gianni Morandi, Massimo Ranieri, Adriano Celentano, Mina, Milva, Ornella Vanoni. Si vedono le immagini di Raffaella che balla il Tuca Tuca: “tutto merito di Alberto Sordi – rivela- che accettò di farlo con me in tv dopo una mia telefonata. L’Osservatore Romano lo aveva censurato. Invece fu un successo”. Insomma, “io amo la Spagna, è la mia seconda patria” ammette Raffaella. “E’ un Paese che ammiro profondamente. Bisogna conoscerlo, visitarlo per capirlo. E la gente in Spagna quando mi incontra mi dice sei una di noi”. E l’Italia? “Noi siamo piccoli piccoli ma geniali, mentre la Spagna è il ponte con l’America Latina. Anche la lingua è importante. L’italiano arriva a Lugano. Abbiamo eccellenze, ma se si riunissero saremmo ancora più forti”. L’evento che ha coinvolto Carrà e Bosè rientra nell’ambito del programma Pop y Protesta, presentato oggi dal Consigliere Culturale dell’Ambasciata di Spagna in Italia,Ion de la Riva, dall’ad della Fondazione Musica per Roma,José R. Dosal, dal direttore dell’Instituto Cervantes, Juan Carlos Reche e dalla direttrice della Real Academia de España a Roma,Ángeles Albert. Attraverso l’inziativa l’ambasciata di Spagna in Italia, in coproduzione con Fondazione Musica per Roma, con la redazione di Spagna Contemporanea e con l’Istituto di studi storici Gaetano Salvemini di Torino, commemora il 50º anniversario del ’68. Dibattiti, conferenze, rassegne cinematografiche e mostre si svolgeranno nei mesi di ottobre e novembre, in varie città italiane per ricordare e analizzare l’impatto di quell’anno simbolico sulla politica, la cultura e la società in Italia, Spagna e America Latina.