RIVELAZIONI CHOC DAVANTI ALLA COMMISSIONE D’INCHIESTA SULL’URANIO IMPOVERITO: ‘TROVAMMO OLTRE 300 KG DI MUNIZIONI PRODOTTE IN ITALIA, POI SMALTITE NELLE ESERCITAZIONI’

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    E’ stata un’audizione choc quella sostenuta oggi davanti alla Commissione parlamentare di inchiesta sull’uranio impoverito, da parte di Giuseppe Carofiglio, ex maresciallo della Guardia di finanza. In poche parole, nel 1994, un deposito della Marina nel napoletano, custodiva qualcosa come oltre  300 chili di munizioni all’uranio impoverito, ‘made in Italy’. Ma non solo, ‘avvertite’ (o chiamate a ricordare) della giacenza delle pericolosissime munizioni, da Roma ‘alte sfere’ decisero di smaltirle nel corso di un’esercitazione, poi avvenuta nell’agosto di quell’anno.  “Nel 1994 presso il deposito della Montagna Spaccata, a Napoli, ho scoperto che nel deposito c’erano una ventina di casse, con sopra il simbolo della radioattività, con dentro 576 munizioni classificate ’isotopo 238’”, ha rivelato Carofiglio, spiegando che per capire meglio, tornò nel deposito “con un contatore geyser, un apparecchio non molto sensibile, i cui led però si accesero subito in presenza delle casse”. Sinceratosi della pericolosità del materiale scoperto,  il maresciallo deciso quindi avvertire immediatamente  il comando generale; “Di fronte ai miei dubbi da Roma mandarono gli addetti dell’allora l’Agenzia di protezione ambientale (Anpa) i quali, senza indossare alcuna protezione, entrarono nel deposito per un sopralluogo. Davanti al mio stupore cercarono di rassicurarmi dicendo: ’Non c’è da preoccuparsi’, poi però, una volta viste le casse, si allontanarono immeditatamente. Rilevarono la radioattività e lo scrissero nei verbali. Ma prima di andarsene, ci dissero ancora: ’basterebbe tenere una sola di queste munizioni sulla scrivania per un anno per ammalarsi di cancro’”. Quindi Carofiglio propose al Comando di trasferire le casse con le munizioni in un deposito dell’Esercito, dove poterle custodire con sicurezza, e senza poter arrecare eventuali danni a terzi, ma “ma da Roma – prosegue il racconto dell’ufficiale – non vollero sentire ragioni e optarono per ’smaltire’ tutte le munizioni all’uranio in una esercitazione, che effettivamente ebbe luogo ad agosto del ’94. Dove? Non lo posso dire con certezza, ma allora il poligono di tiro preferito era quello delle acque tra Ponza e Ventotene”. Ovviamente, ha precisato Carofiglio, delle munizioni all’uranio “non ci fu mai carico contabile, si trattava comunque di munizioni prodotte in Italia, probabilmente destinate a pattugliatori costruiti nei cantieri navali della Spezia e venduti alla Marina irachena, prima dell’embargo. E’ probabile che in quel deposito o in altri ci siano altre munizioni dello stesso tipo e anche proiettili allo zirconio”. Sul perché  si sia deciso a parlarne con così tanto ritardo, Carofiglio ha risposto alla Commissione : “Perché c’è una Commissione che mi sembra davvero decisa a fare di tutto per fare emergere la verità sui militari morti o che stanno morendo. E perché quando ho finalmente preso piena coscienza della pericolosità della esposizione a questo tipo di munizioni ho vissuto un periodo davvero difficile, sono stato molto male”. Un’audizione che ha letteralmente scioccato Giulia Grillo e Gianluca Rizzo, i due deputati pentastellati presenti in commissione i quali, hanno parlato di una “rivelazione choc che arretra di almeno 6 anni la vicenda uranio impoverito in Italia. E non solo. Per la prima volta, in maniera ufficiale e davanti ai commissari viene rivelato ciò che in tanti sostenevano: e cioè che l’uranio impoverito era in Italia. Nonostante tutte le rassicurazioni arrivate in questi anni da tutti i livelli istituzionali. Chiediamo l’immediato intervento delle autorità giudiziarie competenti e lo ribadiremo al presidente Scanu: è più che mai importante agire subito, affinché eventuali prove, anche documentali, che persistano nei depositi di Pozzuoli e presumibilmente di La Spezia non vengano inquinate e si possa ulteriormente acquisire quante più notizie ed informazioni su quanto dichiarato dal maresciallo Carofiglio. Se tutto ciò che egli afferma troverà ulteriori riscontri – hanno avvertito i due grillini – sarà necessario riportare indietro di 20 anni anche le eventuali responsabilità politiche e militari di tutti quegli esponenti che hanno sempre negato la presenza di tali munizionamenti in Italia”. Dal canto suo, lo Stato maggiore della Difesa, attraverso una nota ha tenuto a puntualizzare che “le Forze Armate, Esercito, Marina e Aeronautica, e i Carabinieri mai hanno acquisito e impiegato munizionamento contenente uranio impoverito. I fatti riportati non rientrano nell’area di responsabilità della Difesa. La tipologia di munizionamento in discussione – spiega ancora la nota – come già più volte dichiarato nel corso degli anni mai ha fatto parte dell’arsenale delle Forze Armate e mai è stato utilizzato né sul territorio nazionale, né all’estero. In proposito – ribadiscono dallo Stato maggiore della Difesa – si rammenta che, a più riprese, su mandato tanto delle Forze Armate quanto delle varie Commissioni parlamentari succedutesi, diverse commissioni tecnico-scientifiche hanno appurato l’assenza, all’interno dei poligoni e delle aree addestrative delle Forze Armate, di valori anomali di uranio impoverito rispetto alla sua usuale presenza in natura”. Ad ogni modo se confermate, trattasi di una rivelazione choc per due importanti motivi differenti: primo, perché il suo racconto smentisce la Difesa che negli anni, più volte ha ribadito che i nostri militari non hanno mai fatto uso di armi all’uranio impoverito; secondo, perché è stato sempre negato che sul suolo italiano siano mai state realizzate tali munizioni.

    M.