ROMA, ENNESIMO IMPRENDITORE STRETTO NELLA MORSA DELL’USURA TENTA IL SUICIDIO

    La vicenda ha inizio lo scorso 14 gennaio quando gli agenti del Commissariato di Trastevere vengono inviati dalla Sala Operativa della Questura, sul Lungotevere Aventino, nei pressi di Ponte Sublicio, dove alcuni passanti avevano segnalato la presenza di una persona con propositi suicidi.

    Con i piedi immersi nell’acqua del fiume, la persona stava tentando di lasciarsi cadere, ma i poliziotti lo avevano immediatamente soccorso convincendolo a desistere dall’insano proposito.

    L’uomo, un imprenditore romano 40enne, ancora visibilmente scosso, era stato accompagnato dagli agenti negli Uffici del Commissariato Trastevere, dove, dopo qualche iniziale riluttanza, aveva iniziato a raccontare alcuni particolari della sua triste vicenda.

    Le difficoltà economiche della sua piccola azienda, dovute al periodo di crisi,  lo avevano costretto a rivolgersi a “qualcuno” che lo avrebbe aiutato a superare il difficile momento, finanziando la sua attività.

    L’imprenditore pertanto, era stato costretto a contrarre due debiti, del valore di 5.000 euro ciascuno, con il suo “benefattore”, D. F., un romano di 55 anni.

    A fronte dei prestiti ricevuti, avrebbe dovuto versare mille euro al mese, solo a titolo di interesse, poiché i prestiti, dati sulla parola e senza scambio di titoli, non avevano una scadenza temporale.

    I debiti si sarebbero poi estinti solo quando la somma finale, per un totale di 10.000 euro in contanti, sarebbe stata interamente restituita.

    L’imprenditore era ormai convinto a non sporgere denuncia anche perché spaventato da eventuali ritorsioni che il suo presunto usuraio avrebbe potuto porre in atto nei suoi confronti e in quelli dei suoi familiari.

    Le continue e pressanti richieste di denaro da parte dell’usuraio, avevano fatto cadere la vittima in uno stato di soggezione e di depressione fino a fargli tentare il suicidio.

    Il passare del tempo e la vicinanza del personale di Polizia, hanno fatto però maturare nella vittima la convinzione che solo il percorso della legalità gli avrebbe permesso di ritrovare la  serenità perduta e farlo ritornare ad una vita normale.

    Dopo la formalizzazione della denuncia, avvenuta nel mese di febbraio, gli agenti del Commissariato Trastevere, diretto dal dr. Massimiliano Giordano, hanno organizzato una serie di servizi per stringere il cerchio intorno all’attività dell’usuraio.

    Il quadro descritto faceva emergere che l’usuraio, a fronte del prestito erogato, aveva già incassato 13.000,00 euro, che erano da considerarsi solo a titolo di interesse sul capitale,  continuando a pretenderne altri ventiquattromila, da versare in rate mensili di mille euro, al termine del quale il debito si poteva definire saldato.

    D.F.  dimostrandosi verosimilmente comprensivo verso i problemi economici  della vittima , si era  addirittura proposto di aiutarlo, accompagnandolo presso una finanziaria di un suo amico, pur di continuare ad incassare denaro.

    Facendo abilmente leva anche sulla forza intimidatrice derivante da ipotetici vincoli associativi con la criminalità organizzata romana, l’usuraio lo aveva costretto ad accettare le sue condizioni-imposizioni.

    In una circostanza era arrivato  perfino a proporgli di acquistare una macchina da intestargli e, anche se la vittima avesse avuto  problemi con il finanziamento, ci avrebbe pensato lui con i suoi amici ad “aggiustare” il tutto.

    La complessa attività di indagine, durata quattro mesi e coordinata dalla Procura della Repubblica, Pubblico Ministero dott.ssa Simona Marazza, effettuata con intercettazioni telefoniche, pedinamenti ed appostamenti, ha delineato il quadro dell’attività e permesso di monitorare la condotta dell’usuraio.

    I particolari emersi hanno tracciato inequivocabilmente le linee del reato di usura posto in essere da D.F. , già noto alle forze dell’ordine per precedenti di Polizia specifici, e gli agenti del Commissariato di Trastevere hanno richiesto  all’autorità Giudiziaria l’emissione di un provvedimento di custodia cautelare in carcere.

    Nel corso della perquisizione all’interno dell’abitazione di D.F. sono stati sequestrati anche assegni e documenti contabili, materiale giudicato interessante e  che ora è al vaglio degli investigatori.