Stupri Lago di Como, scarcerati i tre sospettati

    Nella convalida dell’interrogatorio della detenzione hanno negato ogni responsabilità. Tutti e tre i giovani arrestati con l’accusa di violenza sessuale di gruppo affermano di non aver violentato le due diciassettenni ragazze che erano in vacanza a Menaggio, sul lago di Como, dove lavoravano come baristi e camerieri stagionali. Il giudice per le indagini preliminari di Como, Carlo Cecchetti, dopo averli ascoltati per ore li ha rilasciati. In realtà, non ci sono seri indizi di colpevolezza, necessari per la convalida della detenzione. I tre giovani aspetteranno uomini liberi che continuano le loro indagini sul loro conto. Di fatto, rimangono indagati per violenza sessuale aggravata. “Il mio cliente, in particolare, ha detto al giudice di non aver nemmeno toccato la ragazza che lo accusa, a parte aver scambiato qualche baci con lei nella stanza, molto prima che i fatti sfidassero”. Il test del DNA confermerà che abbiamo ragione “, dice Francesco Romualdi, avvocato del 22enne avvocato Nicholas Pedrotti, che sarà presto liberato dalla prigione di Como, così come gli altri due ventenni che sono stati arrestato con lui.

    L’inchiesta che ha portato in carcere i tre ventenni (un quarto moldavo è ricercato e attualmente non rintracciabile) nasce dalla denuncia presentata da uno dei due diciassettenni e poi confermata dal suo amico. Secondo la storia delle ragazze – considerate del tutto affidabili dall’accusa, ma non dall’ufficio del magistrato inquirente, che ha trovato molte contraddizioni – sarebbero state violentate nella notte tra l’8 e il 9 agosto a Menaggio dai quattro ragazzi. La violenza sarebbe avvenuta all’aperto, a pochi chilometri dal Lido Menaggio, bagno dotato di locale notturno dove i tre giovani hanno poi smesso di lavorare come baristi e camerieri per la stagione estiva. I due minori, alla chiusura dei locali, avrebbero accettato un passaggio in auto dai quattro giovani. Quando raggiungemmo una sbarra chiusa, i sei si fermarono ancora al lago con l’intenzione di fare il bagno. Lì, secondo la loro storia, la violenza sarebbe avvenuta.

    Dei tre arrestati, due sono italiani. Oltre a Pedrotti, è un ventiduenne dell’Etiopia, rappresentato dall’avvocato Ernestina Lancetti. Secondo un avvocato, il giovane non ha “preso parte alla presunta violenza violenta” né “ha compiuto alcun atto riferibile alla violenza”. Semplicemente, “essendo l’unico in possesso di una macchina”, sarebbe limitato a “accompagnare i loro conoscenti … e le ragazze al Lido pubblico di Menaggio, dove volevano fare una nuotata notturna”. Il terzo ragazzo si fermò è di nazionalità albanese, in Italia con regolare permesso di soggiorno. Ha anche detto che era “estraneo ai fatti contestati”.

    Il giovane moldavo, che era fuggito dall’Italia, aveva i documenti in regola. Fu proprio la sua fuga dall’Italia a convincere gli inquirenti della procura di Como, guidati da Nicola Piacente, della necessità di fermare i tre presunti complici, con l’accusa di violenza di gruppo. Secondo l’ipotesi del lavoro dell’accusa, i quattro ragazzi dopo aver violentato i due diciassettenni li avrebbero lasciati sul lungolago a tre chilometri dal locale, dove alcuni amici li avrebbero poi raggiunti. Le visite mediche effettuate il giorno seguente hanno confermato la violenza su almeno una delle due giovani donne, che si sarebbe trovata sola in momenti diversi con Pedrotti e il moldavo che erano fuggiti. “Il mio cliente ha lasciato la spiaggia prima dell’ipotetica violenza, lasciando il giovane e il ragazzo moldavo sul lungolago – afferma l’avvocato Romualdi – se qualcosa è accaduto dopo, non ha modo di saperlo”.

    Il pubblico ministero di Como risponde con una nota ufficiale alla notizia della mancata convalida delle tre fermate: “Questo Ufficio si riserva il diritto di
    svolgere ulteriori indagini investigative, evitando nel contempo di fornire ulteriori dettagli su un episodio che si ritiene abbia colpito l’imputato e le vittime e l’indagine correlata, nel pieno rispetto della decisione presa dal Giudice per le indagini preliminari (tuttavia non paragonabile ad un sentenza di assoluzione, in attesa della fase interlocutoria in cui è intervenuta) “.