Vertice Bruxelles, l’esultanza di Conte e la rettifica: poteva andar meglio. Salvini: “Attendo i fatti”

    “Sono soddisfatto. Certo, se avessi scritto io il testo qualcosa l’avrei fatta diversamente, ma non da solo: eravamo in ventotto”. Il premier Giuseppe Conte commenta così l’accordo sui migranti raggiunto al Consiglio europeo. Nessun trionfalismo, e anzi, un messaggio consegnato prima di salire sull’auto che lo deve portare alla sessione mattutina del summit: “Ora vado lì per continuare a combattere”.

    Eppure l’Italia cede su tutta la linea: non ottiene la distribuzione obbligatoria di tutti i migranti, ma solo quella volontaria dei rifugiati, sarà costretta ad aprire nuovi campi e accetta i ritorni nel nostro Paese delle persone scappate in Germania e Austria. E infatti passano solo poche ore e il leader leghista gela gli entusiasmi del premier: “Non mi fido delle parole, aspetto i fatti”, dice intervistato da Massimo Giannini a Circo Massimo su Radio Capital. Anche se poi il ministro dell’Interno in una nota sfodera toni trionfalistici: “L’Italia torna protagonista, finalmente l’Europa è stata costretta ad accettare la discussione su una nostra proposta. Complimenti a Conte”.

    In realtà l’ltalia incassa solo promesse ma cede su tutti i punti sul tavolo, abbandona al loro destino le promesse e le richieste rumorosamente avanzate nelle ultime settimane. Concede ad Angela Merkel la negoziazione degli accordi sui movimenti secondari, l’obbligo di riprendere i migranti registrati sul nostro territorio ma lasciati fuggire in Germania. Passaggio che permette alla Cancelliera di tornare a Berlino ed evitare la crisi di governo targata Horst Seehofer, il ministro dell’interno della bavarese Csu. Conte in cambio ottiene il vago principio che parla di “un nuovo approccio sui salvataggi basati su azioni condivise dei partner Ue”. Tanto basta al premier per lanciarsi a dire di avere ottenuto “la condivisione dei salvataggi in mare”. Ma è il resto delle conclusioni a segnare la Caporetto del governo italiano.

    Dunque non cambia nulla rispetto alla situazione odierna, l’Italia chiedeva l’apertura di tutti i porti europei ai barconi, la distribuzione obbligatoria di tutti i migranti, richiedenti asilo ed economici (illegali) e invece si accontenta che un gruppo di volenterosi conceda di prenderne a carico un numero di rifugiati deciso volontariamente. Il tutto fino alla riforma di Dublino, che introdurrebbe quote obbligatorie, sulla quale i leader si impegnano solo genericamente a negoziarla “quanto prima”.