A PALERMO LA COMMEMORAZIONE DELLA STRAGE DI CAPACI, MATTARELLA: ‘DOPO 25 ANNI IL RICORDO NON BASTA, BISOGNA DENUNCIARE COLLUSIONI ED INFILTRAZIONI’

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    “Sono passati venticinque anni dalla strage di Capaci e, tra poche settimane, ricorreranno da quella di Via D’Amelio. Venticinque anni sono tanti. Un’intera generazione di giovani e di ragazzi italiani è nata, e cresciuta, dopo quei crimini efferati.Il nostro Paese, il mondo, le condizioni di vita sono profondamente cambiati da quel 1992”. Intervenendo alla commemorazione della strage di capaci, che ha avuto luogo nell’aula bunker del carcere palermitano dell’Ucciardone, il Presidente Mattarella ha tenuto a ricordare che “I mutamenti politici, sociali, di vita quotidiana, prodotti dalla rivoluzione tecnologica e dalle applicazioni del progresso scientifico, sono così incalzanti da rendere, rapidamente, obsoleti avvenimenti e condizioni del passato – ha aggiunto il Capo dello Stato – Nell’arco di un decennio, guardando indietro, si ha l’impressione di trovarsi in un’altra epoca. Come ci ricorda quanto accaduto ieri a Manchester. Eppureil ricordo di quei giorni lontani di Palermo, così drammatici, così cupi e così segnati da tanta violenza e tanto dolore, permane pienamente vivido, in Italia e nel mondo. Con l’assassinio di Falcone e quello di Borsellino, già allora considerati da tanti – non soltanto in Italia – simbolo e riferimento nella lotta a Cosa nostra, sembrava che, insieme al dolore, prevalesse lo scoramento. Che il sacrificio di tante persone, cadute nella lunga lotta alla mafia, si rivelasse inutile. Che la mafia, piegata e sconfitta nel Maxiprocesso, si fosse rialzata, prendendosi la rivincita e, con essa, il suo perverso potere”. Tuttavia il Presidente ha tenuto a sottolineare: “Ma la paura e la sfiducia non hanno avuto la prevalenza. La società civile, a partire da quella siciliana, ha acquisito, da quei giorni, una consapevolezza e una capacità di reazione crescenti; e destinate a consolidarsi nel tempo. La memoria di persone come Falcone e Borsellino continua ad accompagnarci. Il loro sacrificio viene, ovunque, ricordato con commozione; e il senso del loro impegno viene trasmesso e assunto in maniera condivisa, soprattutto da tanti giovani, giorno dopo giorno. Anche per le istituzioni è necessario non limitarsi al dolore e al ricordo. Non era questa la visione di Giovanni Falcone e di Paolo Borsellino. Non hanno vissuto e lottato per questo. Ma per realizzare, e sollecitare, un impegno operativo, concreto, ininterrotto, contro l’attività e la presenza della mafia. Falcone e Borsellino – aggiunge ancora il Capo dello Stato – siciliani, profondi conoscitori della realtà della loro terra, rifiutavano e respingevano la concezione, falsamente mitizzata e, insieme, rassegnata, dell’invincibilità della mafia e della sua impenetrabilità. Quasi che essa fosse, in qualche modo, connaturata alla storia, alla mentalità e, in definitiva, al destino della Sicilia. Alla magistratura e alle forze dell’ordine devono essere affiancate istituzioni politiche e amministrative trasparenti ed efficienti, che rifiutino, contrastino e denuncino ogni collusione o infiltrazione – osserva Mattarella – è il monito del presidente della Repubblica. Un’azione, della scuola e di ogni altra realtà educativa, di formazione delle coscienze per la legalità, il rispetto degli altri e la libertà della convivenza. Una condizione di alta occupazione, perché un tessuto sociale sereno e solido resiste meglio a pressioni e influenze criminali. Tante volte, negli scritti di Falcone e di Borsellino, nei loro ricordi, traspare l’amore, la tristezza e il desiderio di riscatto per la loro Isola. Così Paolo Borsellino ricordò l’amico subito dopo la sua morte: ’Non poteva ignorare, e non ignorava, Giovanni Falcone, l’estremo pericolo che egli correva. Perché non è fuggito? Per amore verso la sua terra’. Borsellino parlava di Falcone, ma, condividendone impegno e motivazioni, parlava anche di sé. Condivisero tanto: l’impegno, l’amicizia, la professione, gli ideali, il pericolo.  Condivisero anche amarezze, attacchi ingiusti, critiche immotivate, invidie e ostacoli. Condivisero anche il rifiuto della rassegnazione. Non aspettavano, fatalisticamente, che arrivasse qualcuno dall’esterno, capace di liberare la Sicilia della presenza della mafia. Falcone, Borsellino e tanti altri a quella presenza hanno inferto colpi e sconfitte fondamentali. Con risultati di grande efficacia. IlMaxiprocesso, condotto magistralmente, sulla base delle intuizioni e del lavoro di Giovanni Falcone,ha costituito una svolta radicale nella guerra dello Stato contro Cosa Nostra. E lo stesso impegno, di autentica coralità nazionale, visto nel Maxiprocesso di Palermo, è richiesto anche oggi per fronteggiare le insidie persistenti di una criminalità mafiosa che, seppure colpita, mantiene una grande capacità di trasformarsi e di mimetizzarsi”. Poi il Presidente della Repubblica si è rivolto ai giovani spiegando loro che “Falcone, come Borsellino, come tanti altri servitori delle istituzioni, caduti in Sicilia o altrove, erano straordinari nel loro impegno masi sentivano- ed erano -persone normali. Le doti di tenacia, di coraggio, di intuizione, di intelligenza, di rigore morale, erano presenti in loro in grande misura – sottolinea – Ma i loro sono stati comportamenti che ogni persona – ciascuno di noi – può esprimere, compiendo scelte chiare e coerenti. Quegli uomini, oggi, costituiscono punti di riferimento. Ma devono essere, soprattutto, esempi. Falcone – che prevedeva che, prima o poi, avrebbero tentato di ucciderlo – ebbe a dire: ’Gli uomini passano, le idee restano. Restano le loro tensioni morali, e continueranno a camminare sulle gambe di altri uomini’. E’ un richiamo per tutti, soprattutto per chi assume responsabilità istituzionali. Mi rivolgo particolarmente a voi, ragazzi. Oggi, e per il futuro, le idee, la tensione morale di Giovanni Falcone, di Francesca Morvillo, di Paolo Borsellino, camminano anche sulle vostre gambe: sulle vostre idee, sui vostri comportamenti. Vi auguro di esserne, come oggi, sempre consapevoli”.

    M.