Ocse: no a Quota 100, l’Italia dovrebbe abrogarla

    Il Reddito di Cittadinanza e la cosiddetta Quota 100, ‘fiore all’occhiello’ del programma congiunto tra Lega e Cinquestelle, ed assi portanti della legge di bilancio 2019, è pur vero che, giustamente “punta ad aiutare i poveri, ma i suoi benefici in termini di crescita saranno probabilmente modesti, specialmente nel medio termine. Il Reddito di Cittadinanza stanzia importanti fondi aggiuntivi per i programmi anti-povertà, ma la sua efficacia dipenderà in modo decisivo da miglioramenti significativi nei programmi di ricerca e formazione professionale”. 
    Certo non ci va con la piuma il rapporto presentato oggi dall’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico, rivelando gli esiti di uno studio che poco esalta l’aspetto economico del nostro Paese. 
    Riguardo poi a ‘Quota 100’, l’Ocse non si crea scrupoli ritenendola una misura destinata a “ridurre la crescita nel medio periodo, riducendo la partecipazione degli anziani al lavoro, peggiorerà la disuguaglianza intergenerazionale e aumenterà il debito pubblico”.

    Ocse: no a Quota 100, con il Pil in calo e la crescita che rallenta, l’Italia deve abrogarla

    Premessa l’urgenza di “accrescere la credibilità di bilancio stabilendo un piano di bilancio a medio termine nel quadro del Patto di Crescita dell’Unione Europea, mirato all’aumento costante dell’avanzo primario”, ne deriva che per “stimolare una crescita sostenuta e inclusiva l’Italia necessita di dover elaborare un programma pluriennale di riforme istituzionali, economiche e sociali e non abrogare le importanti misure adottate negli ultimi anni”. Dunque, ha ammonito stamane l’Ocse, una crescita sostenuta e inclusiva nel nostro Paese è possibile soltanto abrogando “le modifiche alle regole sul pensionamento anticipato introdotte nel 2019 e mantenere il nesso tra l’età pensionabile e la speranza di vita”. D’altra parte, senza troppi giri di parole, il rapporto stilato dall’Ocse sottolinea come, alla luce dei fatti, l’economia italiana sia tornata a rallentare, indebolendosi ulteriormente, dopo l’apparente ripresa, inizialmente trainata dalle favorevoli “condizioni economiche globali, da una politica monetaria espansiva, dalle riforme strutturali” e, non ultima, da “ una prudente politica fiscale”. 
    C’è dunque poco da ‘contestare’: il rapporto periodico relativo al Bel Paese sottolinea le stime di marzo, con il Pil in calo dello 0,2% nel 2019 e, nel 2020, verso una modesta ripresa, pari allo 0,5%. Un quadro ‘struggente’ che, rispetto allo 2,1% dello scorso anno, spinge l’organizzazione ad immaginare per il 2019 il deficit dei conti pubblici al 2,5% del Pil. Con un Pil pro-capite che ricalca addirittura quello del 2000 – dunque al di sotto dal suo picco pre-crisi – l’Ocse evidenzia che “L’Italia continua a soffrire di problemi sociali ed economici di antica data”. Basta guardare anche all’annoso problema dell’occupazione, ancora oggi “uno dei più bassi tra i Paesi dell’Ocse, specialmente per quanto riguarda le donne”. Per non parlare poi della povertà assoluta, in continua ascesa tra i giovani e geograficamente trasversale rispetto allo Stivale. Entrando poi nello specifico, è inevitabile constatare come il Sud si distingua per gli elevati tassi di povertà. D’altra parte, in un paese come l’Italia, dove “la crescita della produttività è stata bassa o negativa negli ultimi 20 anni, la qualità del lavoro è bassa e la discrepanza tra i posti di lavoro delle persone e le loro competenze è elevata rispetto ad altri Paesi”. Come se non bastasse poi, rimarca ancora il rapporto, escluse le pensioni, ”solo una piccola parte delle prestazioni sociali per la popolazione in età lavorativa va alle persone più bisognose”. Che piaccia o meno poi, l’Italia vanta – fra i tanti, in negativo – l’imbarazzante ‘record’ di essere tra i Paesi europei che vantano il livello più basso di lavoratori incentivati dai centri pubblici per l’impiego, nella ricerca di occupazione. In iTlia infatti, soltanto l’1,52% del totale presenta un livello inferiore alla metà del Paese che occupa il penultimo posto.
    Max