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    I costi occulti del conto corrente

    Secondo una recente indagine condotta dalla Banca d’Italia, nel nostro Paese è in continuo e costante sviluppo il numero di risparmiatori che preferiscono depositare i propri risparmi sul conto corrente, nonostante si tratti di un’operazione non immune da costi. Mediamente infatti la spesa sostenuta dai correntisti è pari a circa 80 euro annui per i conti correnti tradizionali ed a 15 euro per quelli online.

    Sicuramente la maggiore economicità dei conti correnti online, costituisce uno degli elementi che determinano l’incremento del numero di utenti che preferiscono affidare i propri risparmi alle banche online rispetto a quelle tradizionali: sono infatti molti gli istituti sicuri, economici e soprattutto facili da gestire. Spesso infatti insieme all’home banking sono disponibili servizi di app banking che consentono di controllare e svolgere tutte le principali operazioni bancarie direttamente dal proprio smartphone (per approfondimenti sui vantaggi dei conti correnti online e mobile: migliorcontocorrente.org).

    Nonostante i costi dei conti correnti negli ultimi anni hanno registrato una diminuzione, spesso la clientela trascura questi dati e quindi non è pienamente consapevole del costo totale annuo del prodotto bancario che si sta utilizzando.

    Difatti, lasciare il proprio denaro sul conto comporta non solo un rischio palese e conosciuto, costituito ad esempio dalla tassazione sul patrimonio, ma anche e soprattutto ad un rischio celato, come l’inflazione.

    Cos’è l’inflazione? Con il termine inflazione si intende l’incremento progressivo del livello medio dei prezzi e, al contempo, la diminuzione del potere d’acquisto della moneta.

    Accade non di rado che i consumatori non valutino con particolare attenzione l’impatto dell’aumento dei prezzi medi sulle proprie risorse, con la conseguenza che gli interessi riconosciuti dagli istituti di credito sui conti spesso non sono neppure sufficienti a coprire la diminuzione del valore della moneta. Basti pensare che nel 2018 l’inflazione era stimata all’1% circa, corrodendo circa 10 miliardi di euro ed incidendo in modo negativo sulle casse dei consumatori.

    Volendo porre l’attenzione sui fattori incisivi sulle modalità di gestione della liquidità da parte del consumatore medio italiano, in primis vi è la mancata conoscenza di alternative a basso rischio, oltre che la carente copertura assicurativa, che quasi “impone” ai soggetti di conservare il proprio denaro per fronteggiare qualsiasi futura evenienza. Basti pensare che si preferisce di gran lunga investire sul gioco d’azzardo (quasi 100 miliardi di euro) piuttosto che sulla stipulazione di apposite polizze contro i rischi, per cui oggi sono impiegati all’incirca 5 miliardi di euro.

    Sarebbe quindi più opportuno adottare e supportare strategie più efficienti e fruttuose per i clienti, che purtroppo nel nostro Paese sono ancora ad esclusivo appannaggio del private banking. Quanto meno per il denaro non necessario e non già impegnato, si potrebbe far affidamento su particolari tipologie di investimento (a basso rischio) delle somme disponibili, ritirabili in qualsiasi momento ed allineate alle curve dei rendimenti finanziari: proprio come succede in tanti paesi europei.