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Israele, elezioni il 17 settembre

Israele, il Parlamento vota lo scioglimento: di conseguenza si terranno le elezioni il 17 settembre. Questo è il risultato di un percorso politico che ha prodotto l’indirizzo verso un inevitabile esito: il primo ministro Benjamin Netanyahu non è riuscito a nel suo intendo di creare un governo, poiché è crollato il progetto di una accordo con il leader nazionalista Lieberman.

I cittadini di Israele, dunque, andranno alle urne il 17 settembre: il Parlamento vota lo scioglimento: e sono tantissimi gli esperti di politica israeliana a bollare la questione come un harakiri politico, immediatamente dopo il voto che, nottetempo, ha sancito il caos parlamentare israeliano. Non sono andati evidentemente a buon fine quelli che erano stati già in quanto tale etichettati come estremi approcci di intesa, tentativi finali ma poco orientati verso la strada del successo; quelli con cui il premier incaricato Benjamin Netanyahu ha provato a far collimare in un corpo unico una maggioranza di governo. La Knesset ha detto no: e si è espressa per lo scioglimento. Quello che per alcuni è un autogol, e per altri, invece, una opportunità.

Le nuove elezioni in Israele, si terranno il 17 settembre.

Aggiornamento ore 08.12

Sei settimane. Tanto è durato il periodo, per così dire, preparatorio, attorno al quale Netanyahu non è riuscito a costruire le basi di un nuovo corso politico. Sei settimane che non sono bastate per la creazione di una maggioranza con minimo 61 seggi. Ma il countdown è stato implacabile e dunque, finito il tempo, arrivati alla mezzanotte dell’ultimo giorno utile, ecco che è arrivato il responso. Quello che, in assoluto per la prima volta in tutto il viaggio politico di Israele, ha visto la Knesset auto condannarsi allo scioglimento, e per di più, a dirla tutta, a solo un mese dal proprio insediamento.

L’esito è stato inevitabile e irrevocabile: 75 deputati su 120 hanno votato in favore dell’applicazione della legge, mai applicata che fu lo stesso Likud di Netanyahu a presentare, che ha prodotto questo ‘terremoto’ politico nuovo di zecca. Sono stati invece 45 quelli che hanno votato contro.

Del resto, lo stand by si era creato dopo il 9 aprile, allorché il Likud si accaparrò 35 seggi su 120, pari all’identico numero dell’opposizione di Benny Gantz, ex capo di stato maggiore generale delle forze armate dello Stato ebraico.

Ore 11.00

Nell’analisi politica del quadro che ha portato allo scioglimento del Parlamento in Israele, va anche detto come a conti fatti il gruppo conservatore, se unito ai gruppi religiosi, avrebbe potuto ottenere una maggioranza più o meno solida: ma la crepa si è aperta intorno alla legge volta a costringere anche gli ultra ortodossi al servizio militare. Si trattava di un passaggio chiave, cruciale e troppo delicato, attorno al quale non è stato trovato alcun genere di accordo in merito alle posizioni di Avigdor Lieberman, capo del partito ultra-nazionalista russofono Yisrael Beitenu, e i movimenti politici religiosi.

Al contrario, Liebermann ha criticato il premier per aver chinato la testa rispetto al pressing delle formazioni ultraortodosse.  E poi, neppure hanno avuto efficacia le offerte di Netanyahu verso i laburisti di provare a sostenerlo, entrando a farne parte, nella creazione di un esecutivo.

Inoltre, altre ombre si sono addensate su questo quadro: le voci per cui alcuni politici israeliani avevano trasmesso al presidente americano Trump la richiesta di contribuire alle pressioni su Lieberman. Il forcing che ne è seguito, indirizzato ad invitare le forze in causa a impedire ingerenze estere, ha solo acuito una crisi che, appunto, ha finito per portare il paese all’attuale stallo.

Aggiornamento 14.51