MAXI PROTESTA DEGLI OPERAI DELL’ILVA DI GENOVA, NOVI LIGURE E TARANTO, CONTRO GLI ESUBERI ED IL NUOVO CONTRATTO

    “Il fermo in fabbrica durerà finché non abbiamo una convocazione Noi vogliamo qualcuno che a nome del governo, non nascondendosi dietro a Mittal, ci dica se si rispettano o no le leggi dello Stato. Io sono un po’ vecchio ma non ho mai visto un governo strappare così una legge dello Stato. Siamo esasperati e indignati per il comportamento del governo, perché quella lettera non l’ha scritta solo Mittal, l’ha scritta anche il governo”. Così, sfilando alla testa del corteo, il segretario genovese della Fiom Cgil, Bruno Manganaro, che di lì a poco – insieme ad altri lavoratori – è stato ricevuto in prefettura per un incontro.. La protesta degli operai dell’Ilva (che ha coinvolto contemporaneamente Genova, Novi Ligure e Taranto), alla cui manifestazione hanno partecipato anche una delegazione di lavoratori del porto e dei vigili del fuoco, ha letteralmente paralizzato la viabilità del capoluogo ligure. A far incrociare le braccia (ad oltranza) ai dipendenti del colosso siderurgico, la controversa proposta del piano industriale avanzato da AM InvestCo, che significherebbe legittimare 4mila esuberi, oltre che – fra anzianità e premi – perdere 6-7mila euro. Dicevamo delle città paralizzate dalla protesta, a Novi Ligure gli operai dell’Ilva hanno scioperato anche qui contro i 4000 esuberi annunciati, ed a difesa del contratto. A Taranto invece, dove è in atto uno sciopero di 24 ore, Fim, Fiom, Uil Usb invitano “i lavoratori ad aderire in massa alle iniziative di mobilitazione e di lotta messe in campo per impedire ad Am Investco e Governo di sbeffeggiare ulteriormente un territorio già fortemente devastato dal punto di vista ambientale, sanitario e occupazionale. Nella prima giornata di protesta bisogna dare un forte segnale – sottolineano – aderendo compatti allo sciopero, condizione unica in cui l’assenza dei lavoratori fermi la produzione e per poter programmate le mobilitazioni prossime necessarie”. Nello specifico, il consiglio di fabbrica replica con la protesta produttiva nei confronti della nuova proprietà dell’azienda e del governo, rifiutando categoricamente “l’azzeramento degli accordi vigenti, il licenziamento e le assunzioni con il Job’s Act, l’azzeramento degli istituti contrattuali, la discriminazione tra lavoratori” e la mancanza di prospettive “per gli operai degli appalti. Ci rifiutiamo – ribadiscono i lavoratori – di considerare che tale impostazione possa rappresentare il punto di partenza della trattativa che vede coinvolti migliaia di lavoratori e le loro famiglie come fossero merce di scambio”.
    M.