Palermo, parlano due pentiti mafia nigeriana: 13 arresti

    Anche la mafia nigeriana deve fare i conti con due pentiti illustri. La squadra mobile di Palermo, infatti, può contare su un capomafia e il suo braccio destro che, alle strette, hanno deciso di spifferare tutto per salvarsi dai propri sodali. Ecco come questa notte si sia potuto mettere in atto 13 fermi su indicazione del procuratore capo Francesco Lo Voi e dell’aggiunto Salvatore De Luca: uno smacco durissimo per l’organizzazione nigeriana “Eiye”, che contendeva la piazza di  Ballarò ai “Black Axe”, nell’occhio del ciclone tre anni fa.

    Palermo, mafia nigeriana: lo strano rito di iniziazione

    Tempi duri quindi per la mafia nigeriana, a causa dei 13 arresti messi a segno questa mattina grazie alle informazioni fornite da due illustri pentiti della malavita africana di Palermo. Delle 13 persone interessate, due arresti sono stati eseguiti a Catania, due fermi a Castelvolturno (Caserta), uno a Treviso, uno a Vicenza; tutti gli altri invece a Palermo. Tutto inizia tre anni fa, quando il blitz ai danni del gruppo Black Axe aveva determinato, di fatto, l’ascesa dei rivali della Eiye con base al Cara di Mineo. Per quanto riguarda i sodalizi criminali, si sospetta ci sia addirittura un terzo gruppo in attività, quello dei Vickings: tutte organizzazioni del tutto simili alle mafie italiane, quindi impegnate con traffico di stupefacenti e prostituzione.  Proprio da quel contesto ha avuto inizio tutto: una donna costretta a prostituirsi si era ribellata, rivelando come anche a Palermo fosse ormai forte la presenza degli Eiye. Da Catania a Torino, fino a Cagliari e Padova, questo gruppo della mafia nigeriana appare sempre più radicato sul suolo italiano: la rete, organizzata in tutto il mondo in “nest”, ovvero nidi, accoglie i suoi membri con dei curiosi riti di iniziazione: qualcosa che è stato possibile conoscere grazie alle cimici installate a Ballarò dalla polizia. Nel particolare, il nuovo membro viene spogliato e malmenato, a calci e pugni, per poi essere obbligato a bere un mix del suo sangue e delle sue lacrime.